Non un sasso indietro vol.2

ExOspizioOccupato Domenica 20 Maggio 2018

Fondamenta delle Terese 2209A – SantaMarta – Venezia – Pianeta Terra


Dopo la compilation a sostegno della lotta notav un altro contributo, non solo musicale, dedicato a chi ogni giorno lotta contro le frontiere e brucia i centri di reclusione.
Facciamo questo perché l’hardcore torni ad essere una minaccia.
Perché non sia solo un urlare sotto palco ma un coltello alla gola di chi ci opprime e reprime.

h 15 30
OPPRESSIONI MULTIPLE:
discussione sulla specificita’ della migrazione e della detenzione femminile, partendo dall’esperienza concreta della lotta contro il cpr di ponte galeria a roma.
h 18 00
Rauchers-Gardaland-HcFastCore

Culto del Cargo-Treviso-CrustPunk

Zene-FarEastVeneto-R’N’R MetalPunk

Gufo Nero-Rovereto-HcSludge


 


Festa delle Autoproduzioni dal Sottosuolo

 

 

 

L’11 e 12 Maggio all’ex-ospizio occupato si terrà un primo esperimento di festa dedicata alle autoproduzioni DIY e alla musica!

PROGRAMMA:

Venerdì 11
Aperitivo musicale con dj-set soul / r’n’b / hip hop con Big Bronson [ Zion Cuts Sound ]
In serata elettronica sperimentale + Circle Table
more info coming soon

Sabato 12
Aperitivo reading con Le BelvE (Vicenza)
In serata rock alternativo / psychedelico con:
GUGDA (Varese)
Nowolf (Torino)
Father Mcanzie (Venezia)
Nottata elettronica sperimentale / tekno con EK4T3 Collective

Per tutti e due i giorni saranno inoltre presenti banchetti delle autoproduzioni DIY, tra i quali:

EP – Elisabetta Pirola
Marta Artma
Stefania Lilo Lelio
MELMA
H y p n o s i s w a v e
Litan Trace
+ in attesa di conferma

Stampe serigrafiche espresse – porta qualcosa su cui stampare –

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Dall’improbabile sottosuolo di Dorsoduro nasce infatti
la necessità di cercare nuove vie da percorrere
di espressione e di incontro , nuove forme per abbattere le catene che ci stringono.

Desideriamo una musica libera e sincera,
un socialità liberata dalla miseria del capitale
e spazi liberi in cui potersi esprimere
aperti a tutti coloro che ne comprendono l’importanza

Abbiamo pensato a quest’occasione per intrecciare realtà
diverse del sottosuolo lagunare e non, per creare uno spazio
di autoproduzione ed autorganizzazione , in antitesi con
il mondo della commercializzazione e delle speculazioni,
dei brand e delle marche, della delega della creatività

La Festa, come ci viene tramandato dai secoli
e come ci ricordano le recenti storie dei migliori movimenti musicali
è luogo sacro di unione ,rito arcaico ed eternamente moderno
pretesto per attraversare e farci attraversare dal mondo
e dalle diverse e innumerevoli visioni del mondo.

In queste due giornate ospiteremo banchetti, laboratori e concerti.
Contattaci per partecipare con il tuo banchetto e autoproduzioni alla due giorni alla mail:
contarinioccupato@gmail.com

Ex Ospizio Occupato
Fondamenta delle Terese 9a, Santa Marta ▼ Venezia


Venerdì 23 Marzo 2018- HipHop all’ex-ospizio occupato

Venezia, Santa Marta, Dorsoduro, Fondamenta delle Terese 2209A.

Secondo venerdì Hip Hop all’Ex Ospizio Occupato, all’insegna del groove e di parole taglienti!
Per questa data ospiteremo con piacere i NoChappi? Bourgeois! da Genova, per il loro minitour fra le nebbie del nordest con il loro sound elettronico d’altri tempi, quelli belli in cui si ballava tutta la notte!!!

ore 21.30
NoChappi? Bourgeois!
(rap&elettronica from Genova)
https://m.soundcloud.com/no-chappi-bourgeois
https://www.facebook.com/bargneus2/

ore 23.30
Open Mic feat acousticbeat by Marc
sono invitati tutt* gli MCs e i cantastorie di passaggio

A breve nuove sorprese e ospiti!

Entrata Libera, Bar popolare
No fasci, No sessiti, No omofobi


Tatoo Circus 23-24-25 Febbraio2018-VENEZIA- ExOspizio occupato


Disertare il fronte interno

Un contributo sulla recente operazione antiterrorismo effettuata a Venezia, sul terrore che ne è conseguito e sull’idiozia che ne ha fatto da contorno. Per non perdere di vista il cuore del problema


Il 30 marzo scorso reparti speciali di polizia e carabinieri fanno irruzione in una decina di appartamenti del centro cittadino, arrestando quattro persone di nazionalità kosovara con l’accusa di terrorismo internazionale. Altri tre indagati, con posizioni più marginali, in attesa di essere espulsi dal paese, vengono rinchiusi nel Cie di Torino.

Dopo non poche figuracce, rimediate ai danni di anarchici e presunti “islamisti” con perquisizioni e indagini cadute regolarmente nel vuoto, il pool antiterrorismo della procura veneziana salva la faccia con un’operazione da film in grande stile. Lo fa senza nemmeno aver bisogno di armi o esplosivi con cui scattarsi qualche foto ricordo, dal momento che l’inchiesta in questione si basa esclusivamente su intercettazioni ambientali, pedinamenti e analisi dei profili social degli arrestati. Su idee quindi che, per quanto raccapriccianti, restano tali per ammissione stessa degli inquirenti.

La nostra totale avversità al loro contenuto non può però, in nessun caso, farci trovare zitti di fronte alle mosse e alle narrazioni della controparte.

Un modo di procedere già sperimentato in altre occasioni e che, sotto lo spauracchio della jihad globale, diventa prassi nel silenzio generale. Abbiamo già visto a cosa hanno portato leggi come il Patriot Act di Bush all’indomani dell’11 settembre o, più recentemente, la promulgazione dell’Etat d’Urgence in Francia: schedature di massa, chiusura e controlli alle frontiere, più poteri a sbirri e magistratura. Provvedimenti che, lungi dal proteggere dagli attentati, hanno sempre come bersaglio l’intera popolazione.

Con buona pace di Voltaire e dei “valori di libertà” occidentali, gli stessi che si vorrebbero contrapporre alla “barbarie” islamica, il discorso pubblico seguito agli arresti dei sospetti terroristi ha già dato il peggio di sè. C’è chi implora di avere ancora più polizia e militari nelle strade, ma anche chi auspica la schedatura indiscriminata di tutti gli stranieri presenti sul territorio italiano. Giacchè quella attualmente in vigore, che permette di rinchiudere in veri e propri lager chi non ha i documenti in regola, sembra non più essere sufficiente. Non manca chi, senza timore di apparire ridicolo, propone di non parlare più di queste cose, ché il turismo ne potrebbe risentire. Trovano spazio sui giornali persino le dichiarazioni dell’ex datore di lavoro di due arrestati, condannato a risarcirli per comprovate irregolarità nell’assunzione, che chiede la revisione del provvedimento da parte del Tribunale alla luce degli ultimi sospetti.

L’unico vero terrore provato fino ad adesso è quello verso quest’idiozia collettiva, l’appiattimento totale di ogni intelligenza verso il culto della sicurezza. Culto che è sempre amore per l’autorità e il potere che la rappresenta. Se sono bastate delle parole a risvegliare tutta questa voglia di sbarre e manette, la prospettiva di un reale attentato spaventa oggi più dei morti che potrebbe fare.

Del resto la merda dell’ideologia dell’ IS, che non è altro che ideologia di (un altro) Stato, è pensare di potersi affermare ammazzando indiscriminatamente tra la popolazione. Esattamente ciò che i governi occidentali, con mercenari meglio addestrati e più prezzolati, fanno nel resto del mondo da diversi secoli in nome della democrazia e della libertà. Anche il governo italiano, con la sue politiche internazionali e i suoi colossi nel campo della vendita di armi e tecnologie di guerra come Leonardo-Finmeccanica, non fa eccezione, avendo sempre le mani più sporche di sangue di qualsiasi fascio-fanatico religioso. Finchè tutto questo continuerà a non trovare nessun tipo di opposizione, a trovarci apatici e indifferenti, lo scoppio di una bomba sul ponte di Rialto potrà inorridirci, ma non certo sorprenderci.

Fermare il terrorismo vuol dire fermare la guerra e le sue cause, prima che questa torni indietro a un passo dalle nostre vite sicure. Sabotarla con ogni mezzo prima che altri oppressi perdano la vita, ad Aleppo, a Parigi o nel cuore di Venezia. Un compito che non spetta a sbirri e militari nè a politici di sorta, ma solo a chi sceglie di disertare il fronte interno di quest’ordine assassino.

Antimilitariste e antimilitaristi

 


Succede a Vicenza

Quello trascritto qui sotto è un testo scritto da alcuni amici della persona coinvolta. Oltre che per dargli la massima diffusione lo riportiamo perchè, purtroppo, ben si inserisce nel fosco quadro di politiche securitarie della città berica, di cui abbiamo già avuto modo di parlare prima, dopo e durante le iniziative contro il carcere di fine gennaio.


Succede a Vicenza
Tra lotta agli “abusivi”, caccia al migrante e nottate folli nelle mani dei questurini

Quello che si sta per raccontare è un gesto di denuncia, un atto di solidarietà spiccia a partire da un fatto recentemente accaduto in città. Protagonisti di questa disgustosa narrazione sono alcuni ragazzi di provincia che, al termine di una bella serata passata a festeggiare tra amici, hanno avuto la sfiga di incontrare per puro caso… la polizia.
E’ stata sufficiente una banalissima lamentela in stazione, i toni un po’ accesi perché ti girano i coglioni se vedi l’autobus ignorarti, anche se l’autista ha visto benissimo che hai il biglietto e stai aspettando che si fermi per salire e tornartene finalmente a casa.
E’ bastato così poco per giustificare l’intervento delle forze dell’ordine: intervento insolitamente rapido e, ovviamente, “Muscolare”. Infatti, prima che i protagonisti di questa brutta vicenda avessero il tempo di chiarire agli agenti la situazione, questi ultimi si sono premurati di neutralizzare il più “agitato” del gruppo con l’abbondante utilizzo di spray urticante (è il secondo caso nel vicentino, in cui viene utilizzato questo strumento di “contenzione”).
Ma questa storia non finisce qui! Il giovane intossicato, viene ammanettato e condotto in questura per la stesura del verbale, il foto-segnalamento e la rilevazione delle impronte digitali.
È risaputo e comprovato il fatto che nei meandri oscuri di caserme o prigioni vengono compiute indicibili nefandezze che spesso rimangono ignote, incapaci di penetrare oltre quelle mura di omertà, corroborate dall’indifferenza di una stampa prezzolata che dà ascolto soltanto alle veline dei servi in divisa.
Ma andiamo con ordine: dopo aver prelevato il ragazzo in questione ed averne appurato i precedenti penali, il personale della questura ha ben pensato di dargli una sana lezione di galateo a suon di pugni; non si permettesse più di urlare a quel modo contro gli impiegati della stazione, dopo essere stato provocato e sbeffeggiato da autisti e controllori. Ne seguono due notti in stato d’arresto, rinchiuso in camera di sicurezza con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni private. A ciò si aggiungano le energiche misure cautelari che condannano il colpevole a visitare l’infame luogo in cui è stato picchiato e svilito, almeno tre volte a settimana.
Non stupisce che fattacci del genere si siano verificati in una città medio-piccola del ricco nord est in declino; vetrina costruita ad arte per soddisfare gli interessi di industriali, imprenditori, banchieri e yankee guerrafondai e sostenuta mediante il pressante esercizio di provvedimenti securitari e repressivi.
Non stupisce che episodi simili si riproducano in un contesto all’interno del quale maturano leggi come il daspo urbano e dove il malcontento generale viene canalizzato verso i più poveri ed emarginati dalla propaganda dei vari imprenditori morali, sempre pronti ad invocare maggiore sicurezza a protezione di capitale e proprietà. Un contesto, questo, in cui trovano giustificazione le varie retate condotte in Campo Marzio contro gli immigrati, gli irregolari, i senzatetto e chi non rientra nei canoni perbenisti nei quali si identifica il ceto medio piccolo borghese.

Quello che è accaduto al nostro malcapitato amico poteva accadere a ciascuno di noi. Finire nelle grinfie della polizia, al momento sbagliato!
Poche righe non bastano per descrivere in modo esauriente questa storiaccia i cui risvolti si protrarranno nel tempo. Ciò che preme è, in primis, non far passare sotto silenzio la prassi quotidiana che accomuna indistintamente i tutori dell’ordine, fatta di pestaggi, soprusi, violenze e umiliazioni d’ogni sorta.
Affinché il dissenso non si limiti più a essere mera denuncia.

1312
marzo 2017


Il mostro sotto casa

Dal 1 gennaio Finmeccanica, la prima azienda italiana nella produzione di armamenti e tecnologie di guerra, ha cambiato nome in Leonardo. Un’ operazione di re-branding che, assieme a una riorganizzazione interna delle proprie “divisioni operative”, punta a rilanciare ulteriormente la holding nel mercato della morte industriale.

A Tessera, a due passi dall’aeroporto della “città più bella del mondo”, Leonardo assembla e collauda gli elicotteri NH90, in uso presso la quasi totalità delle forze armate europee, a ritmo di 22 esemplari all’anno. Il contratto stipulato con il solo esercito italiano, per la produzione di 117 velivoli, ammonta a 3,2 miliardi di euro.

L’NH90 è un’arma richiesta per la sua estrema versatilità: è infatti in grado di bombardare obiettivi marini e terrestri, oltre ad essere facilmente convertibile al trasporto delle truppe. Dal 2012 è un mezzo stabilmente impiegato in Afghanistan e, più recentemente, ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, dove ha lo scopo di proteggere gli affari della ditta italiana Trevi nel controllo delle locali risorse idriche. Oltre all’NH, il polo di Tessera (ex Officine Aeronavali) provvede alla manutenzione dei C 130, gli aerei da trasporto utilizzati, tra le altre cose, nell’operazione Enduring Freedom del 2001.

Negli ultimi mesi, a fronte della possibilità di licenziamento di alcuni dipendenti di Leonardo, Sindaco, opposizione e sindacati confederali hanno ribadito la necessità degli investimenti della multinazionale delle armi nel veneziano, definendola importante e strategica non solo a livello locale.

Ciò che chiamano lavoro, innovazione e ingegno non è che l’altra faccia di quel massacro organizzato chiamato guerra, un business della morte organizzato e reso sempre più efficiente a pochi passi dalle nostre vite sicure.

Le vittime delle guerre non hanno mai nomi, ma i loro assassini per fortuna sì. Per conoscerli, a volte, basta guardare dietro l’angolo.


Due sabati

Lo scritto che segue è un breve resoconto delle due iniziative messe in campo a Vicenza sabato 28 gennaio e il successivo 4 febbraio. Appuntamenti che hanno dato buoni spunti come sollevato criticità importanti, da cui sarà necessario partire per continuare ad organizzarsi attorno a ciò che succede dentro e fuori il carcere di San Pio X.

Il 28 gennaio ci si è ritrovati a Campo Marzio, ampio parco prospiciente alla stazione dei treni, al contempo punto di grande passaggio e luogo di forte presenza poliziesca. In questa zona, recentemente, sono stati intensificati controlli e retate ai danni dei tanti “irregolari” che la popolano. Negli ultimi due mesi, sono stati almeno 4 i rastrellamenti compiuti dagli uomini dell’appena insediato questore Petronzi, personaggio fin troppo noto per essere stato uno dei principali persecutori del movimento No Tav e dei compagni torinesi. 
Per tutti questi motivi venire qui a parlare di ciò che succede al San Pio X ha avuto molto più senso che altrove: chiameremo carcere non solo le mura che ne ospitano l’istituzione, ma anche tutte quelle maglie di repressione e sfruttamento che portano le celle a riempirsi.
Tramite volantini e microfono si sono ricordate le più recenti problematiche del penitenziario berico: i tre tentati suicidi in due giorni di metà novembre, il suicidio riuscito di Carlo Helt avvenuto appena dieci giorni prima, l’ormai confermata esistenza di una squadretta punitiva di secondini (denominata il “Nucleo”), che si avvale della collaborazione di alcuni infami per “regolare i conti” con i più intransigenti. Il tutto sotto l’egida e la protezione del comandante delle guardie Giuseppe Lo Zito, sindacalista CGIL, già indagato nel 2014 per maltrattamenti e pestaggi ai danni di alcuni detenuti dello stesso carcere. Fatti per i quali oggi 4 agenti della penitenziaria saranno processati con l’accusa di “abuso d’autorità”.
Sabato 4, sotto una pioggia battente, un imponente dispositivo poliziesco ha di fatto impedito l’avvicinamento di qualsiasi solidale al perimetro del carcere. Unico spazio “concesso” per montare l’impianto del presidio una piazzola-parcheggio distante diverse centinaia di metri dalle mura della struttura, troppo distante per pensare di farsi udire in qualche modo dai reclusi. Un’imposizione provocatoria che si è deciso di evitare, preferendo sbucare “a sorpresa” in centro città per guastare la quiete del sabato pomeriggio nella pettinata Vicenza con megafonate, volantinaggi e striscioni in solidarietà ai prigionieri del San Pio X
Una scelta, quella della questura, che esprime chiara la volontà di impedire con ogni mezzo qualsiasi contatto con la popolazione detenuta. Una scelta che si può interpretare con il fatto che, molto probabilmente, al San Pio X vi sono dei grossi punti oscuri non ancora noti, oltre ai problemi già sopracitati.In ultima analisi una presa di posizione netta contro la quale, nei prossimi tempi, sarà necessario attrezzarsi adeguatamente. Consapevoli che l’unica arma che impensierisce chi vorrebbe tenere il carcere di Vicenza sotto una coltre di silenzio è la solidarietà diretta e senza mediazioni.

Due iniziative a Vicenza

Proprio oggi, poco prima di decidere di pubblicizzare le due iniziative di cui sopra, è giunta la notizia di un suicidio al San Pio X di Vicenza. Carlo Helt, 40 anni, accusato di omicidio si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della cella. Ciò è avvenuto in un contesto dove i tentativi di suicidio sono praticamente all’ordine del giorno: almeno quattro resi noti dalla stampa negli ultimi due mesi.

Per questo e per molti altri motivi è stato indetto un presidio sotto al carcere San Pio X sabato 4 febbraio. Una settimana prima, il 28 gennaio, si svolgerà invece un’iniziativa di lancio a Campo Marzio, il parco prospicente alla stazione della città berica, teatro negli ultimi tempi di retate contro i tanti “irregolari” e spauracchio nelle locali retoriche sul degrado.

Di seguito trovate il manifesto dell’iniziativa e qualche riga scritta nei giorni scorsi.


VICENZA, due appuntamenti contro il carcere
Dall’apertura del nuovo padiglione “del Papa” la quotidianità all’interno del carcere di Vicenza non ha fatto che peggiorare. I 200 nuovi posti, inaugurati durante l’estate senza un reale adeguamento dei servizi, hanno portato all’aggravamento di una situazione già da tempo critica. Da quanto si apprende i pestaggi e le angherie delle guardie sono all’ordine del giorno, perpetuati tavolta anche attraverso la complicità degli stessi detenuti, opportunamente prezzolati o ricattati dagli agenti. Mentre i sindacati di polizia si lamentano della qualità della mensa, sono almeno tre i casi di tentato suicidio registrati dalle cronache negli ultimi due mesi. Così come si riportano casi di proteste individuali contro ogni tentivo di pacificazione o assopimento.
A finire al San Pio X, ultimamente, sono anche i tanti irregolari arrestati durante le retate che nell’ultimo anno hanno colpito Campo Marzio e i quartieri limitrofi. Vere e proprie incursioni intimidatorie dirette contro poveri, che conducono in carcere chi campa di espedienti o nell’inferno della macchina delle espulsioni chi non ha tutti i documenti a posto. Il carcere, del resto, è solo una delle facce di un dispositivo più grande, che mira alla completa gestione dei corpi e delle vite che li attraversano per sottometterli alle leggi dell’economia. Chi contrasta queste leggi, per scelta o per necessità, viene sistematicamente bandito dai luoghi dove ha scelto di stare, a ulteriore riprova che lo “spazio pubblico” è ormai realmente tale solo per le forze di polizia.
Eppure, in questo fosco quadro c’è ancora chi decide di mettere la propria vita in gioco a fronte dell’ennesimo ricatto, sia esso rappresentato dall’arroganza di un secondino o da un permesso di soggiorno. 
Esempi di ribellione  – urla di libertà che vogliamo ascoltare e non lasciare isolati.
Sabato 28 gennaio ore 15.00 
Campo Marzio (lato Viale Roma)
PRESIDIO CON CONCERTO
 Al fianco di chi resiste e lotta dentro le prigioni.

In solidarietà ai migranti che si ribellano. Premi e punizioni, ricatti e sfruttamento: sono parole d’ordine che regolano la vita in carcere così come nei C.I.E., negli hotspot e nei centri d’accoglienza. Luoghi di segregazione e morte – luoghi di controllo e prevaricazione dove annientare l’individuo.

Contro le misure sbirresche che vorrebbero cacciare dal centro chi vive la strada e non si conforma ai canoni della città vetrina.

musica con Mistura Mortale crew – microfono aperto – distro e materiale informativo
Sabato 4 febbraio dalle ore 15.00
carcere San Pio X (lato Via Aldo Moro)
PRESIDIO SOLIDALE
con i prigionieri
Galere e C.I.E non ne vogliamo più!

Cie a Campalto?A volte ritornano

Quattro giorni fa una rivolta ha scosso il centro di prima accoglienza di Cona, in seguito alla morte per cause naturali di una ragazza e al ritardo nell’arrivo di medici e ambulanza per soccorrerla. Molto si è detto e scritto in questi giorni su ciò che è accaduto nella ex base militare, che “ospita” al momento più di 1500 persone. In mancanza di ulteriori fonti dirette e aggiornamenti sulla situazione rimandiamo al bell’articolo apparso sul blog Hurriya ieri, di cui qui trovate il link.

Sull’escalation di vessazioni che ha portato all’esplosione del 2 gennaio rimandiamo ad un altro articolo del medesimo blog (qui), dove vengono anche sollevate le responsabilità della cooperativa Ecofficina, nota anche come Edeco, vincitrice del bando per la gestione del centro. Responsabilità che appaiono tutt’altro che secondarie, data la fama che la cooperativa di Battaglia Terme si è guadagnata negli ultimi anni nei centri di accoglienza di Bagnoli di Sopra, Montagnana, Due Carrare e Oderzo.

Notizia odierna, tutta da confermare ma con buoni margini di attendibilità, è invece l’ apertura, nel prossimo futuro, un Cie nella zona di Campalto, conformemente alla volontà del governo di istituire un centro di identificazione e di espulsione in ogni regione.

Un progetto non nuovo, di cui si è molto parlato tra il 2010 e il 2011, che inizialmente doveva prevedere anche la costruzione di un nuovo carcere, attiguo al centro per migranti. All’epoca furono in molti a mobilitarsi, dalla Lega alla sinistra radicale, con presupposti in aperta contraddizione . Il progetto, che doveva rientrare nel piano carceri nazionale del 2009, finì con un nulla di fatto dovuto essenzialmente alla mancanza di fondi, già destinati alla costruzione della nuova ala del San Pio X e del nuovo carcere di Rovigo.

Singolare che l’ultima volta in cui pubblicamente si è riproposta la questione della costruzione di una struttura di reclusione in quell’area fu in seguito ad un’altra rivolta, quella dei detenuti di Santa Maria Maggiore nel 2015. Poco dopo i fatti il Movimento 5 Stelle dichiarò la necessità di disporre di un carcere più moderno ed efficiente, immaginandolo proprio sul vecchio progetto caldeggiato da Maroni.

Una volontà che sembra dunque persistere nel tempo, venendo rispolverata al manifestarsi di qualsiasi situazione di criticità e che ha tutta l’aria di essere “già pronta” nelle teste e nelle tasche di qualcuno.

Occhi e orecchie ben aperte, dunque.