Monthly Archives: Giugno 2016

Prima della risposta

Stamattina alle dieci si è svolta l’udienza per decidere in merito alla richiesta di Sorveglianza Speciale ai danni di un compagno. Il responso si avrà nei prossimi giorni.

Mentre si svolgeva l’udienza, a Mestre in aula Bunker, un ingente numero di agenti è stato sguinzagliato nei dintorni di Santa Marta, del carcere e del Tribunale di Venezia, tant’è che un compagno, destinatario di uno dei numerosi fogli di via dei mesi scorsi, è stato identificato, portato in questura e rilasciato solo dopo avergli preso le impronte digitali.

Seguiranno aggiornamenti nei prossimi giorni.

sorvegliarsi

 


Il cerchio si chiude (?)

ACCADIMENTI

Qualche giorno addietro, in una umida e piovosa mattina di giugno, due loschi figuri bussano alla porta di una casa nel quartiere di Santa Marta, pianeta Terra, lembo sud-occidentale della città di Venezia. “Che novità sono queste? Voglio proprio vedere chi c’è di là, e che scuse accamperà la signora Grubach per questa seccatura”. In mano un plico di fogli recante foto sbiadita dell’interessato, corredato da timbri e controfirme:”Richiesta di sorveglianza speciale. No sta rider. No xe da rider”.

NOTE DI INTERMEZZO

La Sorveglianza Speciale è una misura di prevenzione regolata da una legge del 27 dicembre 1956, ma l’idea, ad occhio e croce, risale almeno a una ventina d’anni prima. Erede diretta dell’ “ammonizione” fascista (un provvedimento che, tra le altre cose, impediva di camminare sui marciapedi), è stata rimaneggiata più volte fino al 2011, con l’unico scopo di renderla ancora più pesante e invasiva.

Essendo, per l’appunto, una misura di prevenzione, la sua applicazione può venire richiesta anche in assenza di reati passati in giudicato, purché si comprovi la “pericolosità sociale” del soggetto. Pericolosità che si delinea attraverso un minuzioso collage dei comportamenti penalmente rilevanti e non dell’interessato, comprese le sue frequentazioni abituali, il suo stato patrimoniale, le idee a cui si richiama e ciò che fanno i suoi amici in sua assenza.

La Sorveglianza ha lo scopo dichiarato di favorire la resipiscenza del soggetto, mirabile termine giuridico che designa il “ravvedimento operoso” (e che deriva dal latino resipiscere, riprendere i sensi, o, più volgarmente, darsi una reffata). Per raggiungere questo scopo la misura, una volta effettiva, impedisce al sorvegliato di frequentare luoghi pubblici o assemblee, di incontrarsi con più di tre persone alla volta, di parlare con pregiudicati o sottoposti ad altre misure di prevenzione, di essere fuori casa dopo le 21 e di non frequentare bettole, osterie o postriboli (ah, i postriboli!). Il provvedimento, come nel nostro caso specifico, può essere aggravato dall’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, dall’obbligo di firma in questura o da quello di comunicare alla polizia ogni proprio spostamento. Il tutto per una durata tra gli uno e i cinque anni, che si sospende in caso di carcerazione e che può essere comunque rinnovata in caso di mancato ravvedimento del soggetto, potenzialmente all’infinito.

La seguente citazione, tratta da uno scritto sulla sorveglianza speciale di alcuni “insuscettibili di ravvedimento”, ne fornisce senza ombra di dubbio una descrizione calzante:

“Una repressione fuori e dentro il Diritto, una sorta di carcerazione “a costo zero” che raccoglie e affina diversi arnesi del potere: antropologia criminale, ortopedia sociale, giudizio psichiatrico, sospetto fascista, rieducazione stalinista e perbenismo democratico. Non un’anticaglia del passato, dunque, ma il volto del presente”.

MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIù?

Nella richiesta formulata a Venezia ad essere presa in esame è la vita dell’interessato dal 2008 ai giorni nostri, illustrando con dovizia di particolare una lunga serie di episodi “dall’alto valore sintomatico” che lo ricondurrebbero alla categoria di persone pericolose per la tranquillità e la sicurezza pubblica. Tra questi, tanto per dire, l’essere stato presente mentre veniva acceso un fumogeno allo stadio o essere stato avvistato nella ridente cittadina di Rovereto (TN).

Se i sintomi designano una malattia, la cura va presto somministrata: due anni ben lontano dai propri affetti e dalle proprie geografie, pur non potendo lasciare il posto dove si vive. Ma, come si evince dalla conclusione del rapporto questurino, tutto a fin di bene: in fin dei conti l’interessato ha persino lasciato gli studi e non possiede un lavoro stabile, perchè troppo occupato ad essere un pericolo sociale ambulante.

Nella relazione, particolare enfasi viene posta alle azioni di solidarietà intraprese a sostegno delle mobilitazioni dei detenuti nell’ultimo anno, a Venezia e nel resto della regione. Presenze solidali che sono già costate più di trenta fogli di via dalla città e tre avvisi orali (provvedimento che, pur non comportando conseguenze nell’immediato, apre di fatto alla procedura per richiedere la Sorveglianza stessa, l’equivalente di un più prosaico “Hai rotto il cazzo”).

Ora, dato che tra le imposizioni della Sorveglianza vi è il divieto di incontro con chi è sottoposto a misure di prevenzione, come il foglio di via, appare chiaro l’intento di disarticolare definitivamente i legami all’interno di un gruppo di persone , individuato come particolarmente attivo nella lotta al sistema carcerario.

IL CERCHIO SI CHIUDE, O FORSE NO.

Con quest’ultima trovata si chiude idealmente il cerchio della repressione preventiva iniziato con i primi banditi lo scorso settembre, anche se tutto fa pensare che non sarà l’unica misura di questo tipo richiesta nei prossimi tempi.

Così la Questura cerca di ottenere il massimo risultato (l’allontanamento delle persone dai contesti di vita e di lotta a cui appartengono) con il minimo sforzo, senza darsi la pena di perdere anni per processare reati comunque, di per sè stessi, poco rilevanti. Per farlo si avvale di un Diritto d’ “eccezione”, ma normato e presente nei codici almeno da un secolo. Così, se per caso qualcuno volesse spenderci una riflessione.

Spezzare il cerchio è oggi affare di tutti e di ciascuno. I perchè sono molteplici, si possono ricercare tra le sbarre di quell’inferno che sono le carceri italiane, nei mille immobili vuoti o nei mille alberghi di questa città, nel calore delle sue bettole e osterie (quelle poche che sono rimaste frequentabili). Non è un affare tra anarchici, ma nemmeno si tratta di chiedere indietro uno”Stato di diritto” che non è mai stato altro che bastonate e morti ammazzati in galere e nelle strade.

In ballo c’è la possibilità di decidere della propria vita, dei propri affetti e delle proprie idee, rifiutando l’idea che uno sbirro, una piovosa mattina di giugno, bussi alla tua porta per dirti che devi smettere di essere così, per il tuo bene e quello del prossimo.

Giovedì 30 giugno, alle 10 del mattino, ci sarà l’udienza in cui il Tribunale del Riesame deciderà in merito all’applicazione della Sorveglianza Speciale, nell’Aula Bunker di Mestre. Nonostante molti solidali non disdegnino le gite nei campi, specie se molto isolati e lontani dagli altri esseri umani, nessuna presenza è stata prevista lì per quel giorno.

Prima, dopo, durante le occasioni per farsi sentire si troveranno, basta cercarle.

Molotv quartiere


Sorveglianza Speciale

Ieri mattina, 9 giugno, la polizia anticrimine ha bussato alle porte di una casa nel quartiere S.Marta, per notificare a un compagno una richiesta di sorveglianza speciale  per due anni.

Un plico di  16 pagine che, oltre a citare gli ultimi episodi relativi al sostegno alle mobilitazioni dei detenuti, prende in esame praticamente l’intera vita dell’interessato, mettendo in mezzo anche tutta una serie di fatti non penalmente rilevanti ma che, secondo la Questura, possiedono un alto “valore sintomatico” per delineare la pericolosità sociale del soggetto. Come l’aver frequentato lo stadio o il fatto di essere stato più volte identificato in Val di Susa e in altri contesti di lotta.

La sorveglianza è inoltre aggravata dalla richiesta dell’obbligo di soggiorno nel comune di Venezia per due anni, motivato dal fatto che “una totale libertà di movimento, in assenza di un lavoro fisso, porta con tutta evidenza alla prosecuzione di comportamenti illeciti”. Per condire il tutto con ulteriore cupezza l’udienza che deciderà in merito alla richiesta è stato fissata nell’Aula Bunker di Mestre, giovedì 30 giugno prossimo.

Seguiranno aggiornamenti sul da farsi.

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Un’occasione

Mercoledì 1 giugno, chiamata dai detenuti del carcere di Siano, è iniziata una mobilitazione dei reclusi in alcune carceri italiane contro l’ergastolo ostativo, di cui in calce ripubblichiamo l’appello.

Diffondere la notizia di questa mobilitazione ha rappresentato un’occasione per tornare sotto Santa Maria Maggiore, parlare con i ragazzi e riprendere alcuni contatti. Così, il pomeriggio del 2 giugno, un nutrito gruppo di solidali ha espresso solidarietà ai detenuti del carcere veneziano, ricevendo come sempre una calorosa risposta e più di qualche invito a farsi sentire ancora più forte.

Negli stessi giorni, almeno stando a ciò che dicono i muri, la Città di Venezia ha annullato buona parte delle mostre e degli eventi culturali in programma per l’inaugurazione della Biennale, in solidarietà alla protesta dei carcerati di cui sopra. Cogliamo l’occasione per apprezzare tanta attenzione, convinti che non sarà certo l’ultima dimostrazione di vicinanza in tal senso.

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DAL 1 GIUGNO SCIOPERO COLLETTIVO CONTRO L’ERGASTOLO OSTATIVO – L’APPELLO ALLA MOBILITAZIONE PARTE DAI DETENUTI DI SIANO

Dal prossimo 1° giugno partirà una mobilitazione collettiva che interesserà diverse carceri e liberi cittadini contro l’ostatività, illegittima, dell’ergastolo. Contro quella condanna che non lascia alcuno spazio di speranza per il condannato contravvenendo ai principi rieducativi della pena. Le modalità di adesione saranno differenti e tutte verranno comunicate al Ministro di Giustizia affinché lo stesso prenda visione delle motivazioni della mobilitazione che sono di seguito riportate:


L’ERGASTOLO OSTATIVO è il risultato di un’imprevedibile interpretazione sfavorevole dell’art. 4bis 1 OP affermatasi dal 2008-2009, e pertanto non applicabile retroattivamente ex art 7 CEDU (Corte EDU, casi Kafkaris, Del Rio Prada, Contrada; Sezioni Unite della Cassazione, caso Beschi 2010, Corte Costituzionale sent. num. 364/1998 e 230/2012), e l’incostituzionalità dell’art. 4bis.1 quale presunzione legale, come dimostrato nella tesi di laurea di Claudio Conte (110 e lode accademica), Profili costituzionali in tema di ergastolo ostativo e benefici penitenziari, Uni-Cz, 2016 (scaricabile:https://drive.google.com/file/d/0B5W1NiiAA7MEQ3NRaVhXLTlHTEk/view?usp=sharing ed in possesso di Marco Pannella, del Garante nazionale dei detenuti prof. Mauro Palma e del prof. Luigi Ventura, Preside della facoltà di Giurisprudenza di Catanzaro e relatore della tesi, che sollecitiamo il Ministro a Convocare).

 

Da tale studio si evince che per superare l’abuso dell’ergastolo ostativo, non c’è bisogno di nuove leggi ma basta far rispettare quelle esistenti con una Circolare ministeriale interpretativa ai Giudici di Sorveglianza.I sottoscritti ergastolani/non ergastolani/liberi cittadini, informano il Ministro che dal 1° giugno 2016 attueranno una protesta pacifica (garantita dalla Costituzione), fino a quando Ella non ci farà sapere, anche tramite televisione che è a conoscenza di tale studio, libero poi di ritenerlo fondato o infondato.Ella deve sapere che nella civilissima Italia l’ergastolo ostativo non è stato previsto dalla legge nel 1992 e che 1400 persone sono condannate a morire in carcere solo per una discutibile interpretazione, opera di pochi giustizialisti, e migliaia di reclusi sono esclusi dalle misure alternative illegittimamente