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Perchè no (?)

Questo testo è stato scritto dal compagno sottoposto alla richiesta di Sorveglianza Speciale. Per continuare la mobilitazione ricordiamo il prossimo appuntamento del 20 settembre, giorno dell’udienza, dalle ore 10 a Santa Marta, Campo dei Sechi.


Lo scorso 9 giugno, pioveva ed era l’inizio di un gioioso giovedì, la polizia anticrimine di Venezia ha notificato a chi scrive la richiesta di Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza. Un nome da pessimo film-noir che designa la misura di prevenzione più gravosa prevista per chi, come nel mio caso, appartiene alla categoria di persone sospettate di “essere dedite alla commissione di reati che mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”. Minorenni e lsd negli acquedotti a parte, la richiesta in questione è costruita mettendo insieme una lunga serie di fatti riguardanti la mia persona dal 2008 in avanti, rilevanti o meno da un punto di vista penale, e delle considerazioni generali della Questura tese a dimostrare la mia “pericolosità sociale”, requisito fondamentale per l’applicazione di ogni misura preventiva. Un elenco di “indizi e sospetti” che, oltre a ricordarmi un certo numero di bei momenti altrimenti passati nel dimenticatoio, sono definiti “altamente sintomatici”, con piena appropriazione del linguaggio medico, di una patologia a cui la polizia si sta prodigando a trovare una cura.

Ora, che la mancata lealtà verso l’ordine costituito venga perseguitata anche tramite la costruzione di un immaginario di “devianza” non è più una novità dai tempi dell’Inquisizione ma, prerogativa squisitamente democratica spruzzata di stalinismo, la Sorveglianza fa un passo ulteriore: si propone di mettermi da parte per il mio bene, oltre che per preservare “la pacifica coesione sociale tra le parti”.

Nelle 16 pagine di morbosa e voyeuristica compilazione non è dato sapere quale tipo di coesione sociale tra le parti sarebbe da preservare, se quella tra sfruttati e sfruttatori o, ad esempio, quella tra i detenuti e i loro carcerieri o, per non andare troppo in là, quella tra i ricchi di questa città e chi è costretto ad andarsene.

Così la mia partecipazione ai cortei No Tav in Val di Susa, o a molti presidi sotto il carcere di Santa Maria Maggiore, sarebbero sintomi di pericolosità non di per sè stessi, ma in relazione all’ aver abbandonato gli studi o al non possedere un contratto di lavoro stabile. Conseguentemente, con peloso quanto insopportabile paternalismo, viene proposta una guarigione attraverso quella che è, a tutti gli effetti, una pena senza reato.

Il giudizio del Tribunale del Riesame, che si esprimerà sulla convalida della misura il prossimo 20 settembre in mancanza di dati giuridici oggettivi, non potrà quindi che avere un carattere essenzialmente psichiatrico: ad essere valutate saranno le intere condotte della mia vita, sulla base della suggestione proposta da chi, per mestiere, la spia dal buco di una serratura.

La Sorveglianza, una volta convalidata da un giudice, impedisce la frequentazione di assemblee e locali pubblici, quella delle bettole e delle osterie, obbliga il sorvegliato a stare a casa dall’alba al tramonto e, una specifica del mio e di altri casi, a non lasciare il proprio comune di residenza. Inoltre poichè la Sorveglianza vieta l’incontro con pregiudicati e destinatari di misure di prevenzione, ed essendo praticamente la totalità dei miei compagni affetti da fogli di via o avvisi orali, l’effetto (o lo scopo?) di questa misura sarebbe quello di isolarmi completamente dalle persone con cui ho scelto di vivere e lottare. Il tutto per due anni.

In mancanza di altri strumenti legali per mettermi fuori gioco, la Questura di Venezia cerca di farmi fare lo sbirro di me stesso, delegandomi il controllo delle mie abitudini e delle mie frequentazioni, sotto il costante ricatto di commettere una violazione punibile con la reclusione da 1 a 5 anni.

Un ricatto inaccettabile e un ruolo che non intendo ricoprire.

Per questi, e per molti altri motivi, voglio dire ai miei amici e ai miei compagni che, qualora il giudice dovesse confermare questa misura, non ho nessuna intenzione di sottostarvici. Portare fino in fondo questa scelta significa necessariamente assumersi le conseguenze che potrebbe comportare, non ultima la reclusione. Una prospettiva che non mi fa più paura di passare i prossimi due anni a stare attento a chi incontro per strada, lontano da tutte le cose che faccio, cercando di vivere come la polizia ha detto che dovrei. Del resto, come ci hanno dimostrato le lotte dei detenuti dell’ultimo anno, il carcere non è la fine di niente.

Nei tanti contesti di lotta che ho avuto la fortuna di attraversare ho sempre pensato che l’essenziale, ciò che rende uno slancio generoso realmente rivoluzionario, fosse quanto di noi da quei momenti non sarebbe più tornato indietro come prima. Quante ansie e barriere saremmo riusciti a lasciarci alle spalle, dischiudendo altre possibilità dove prima avremmo visto solo muri.

Più di qualcuno, prima di me, si è trovato per scelta o per necessità ad affrontare a viso aperto lo spinoso terreno della repressione cautelare e preventiva, avendo il coraggio di aprire nuove strade che restano ancora per molti versi inesplorate. Al di là dell’efficacia o meno di questo tipo di risposta, il merito è stato senz’altro quello di rivelare un nuovo campo in cui è possibile battersi, proprio lì dove sembrava più difficile (o nessuno aveva ancora pensato di andare).

Proseguire su questa strada non sarà, per forza di cose, un affare soltanto mio. Ritengo sia imprescindibile un confronto, fra compagni e non, su cosa significa continuare con ciò che si sta portando avanti nonostante le imposizioni poliziesche, e come far fronte ai rischi che comporta la loro violazione trasformandoli, per quanto possibile, in altrettante occasioni di rilancio.

Per ora, semplicemente, intendo proseguire questa discussione non temendo di incontrare i miei affetti, seduto al tavolo di qualche bettola e senza l’ansia di dove tornare a casa la sera.

Nicholas

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Striscioni e solidarietà

Anche stamattina, giorno della seconda udienza per Francesco, Lucio e Graziano, una piccola manifestazione di solidarietà da Venezia. Striscione calato sopra il banner di Expo a Piazzale Roma.

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Invitiamo tutti i solidali No Tav al concerto benefit per i compagn* arrestat* venerdì prossimo (15 maggio) a Padova, alla Marzolo Occupata. La serata sarà preceduto da un dibattito sui fronti No Tav aperti nel nostro territorio e sulla solidarietà alla lotta . Qui di seguito trovate il testo introduttivo e la locandina in pdf.

E’ passato più di un anno e mezzo dai primi arresti No Tav per terrorismo, relativi al sabotaggio del cantiere Tav di Chiomonte del 14 maggio 2013.
Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia hanno rivendicato la loro presenza quella notte, ribadendo le loro ragioni e la propria appartenenza alla lotta contro l’Alta Velocità. Caduta l’accusa di terrorismo sono ora ai domiciliari.
Anche Francesco e Lucio, arrestati l’11 luglio scorso insieme a Graziano, hanno ammesso e rivendicato la loro partecipazione al sabotaggio. Il loro processo terminerà con la condanna in prima grado il prossimo 27 maggio. Sono attualmente detenuti alle Vallette di Torino, dopo una lunga permanenza in AS2 a Ferrara, in pessime condizioni.
Nel corso di questo ultimo anno e mezzo abbiamo visto come la solidarietà attiva, declinata con un’inedita varietà di mezzi e a più livelli, abbia influito, e non poco, sugli esiti del processo ai quattro compagni, in particolar modo sul rigetto dell’accusa di terrorismo.
Questo però non può bastarci: la migliore solidarietà da esprimere verso chi è in carcere è continuare, con maggiore forza e determinazione di prima, ciò che i compagni imprigionati stavano portando avanti. In questo caso non solo la lotta contro un treno, contro un’opera nociva e che continua a tagliare fondi al trasporto pendolare, ma la costruzione, all’interno di questa lotta, di un’ipotesi rivoluzionaria.
Recentemente nel nostro territorio sono sorti diversi comitati No Tav in opposizione alla realizzazione di specifici segmenti di Alta Velocità. Molti compagni e compagne che hanno attraversato la lotta in Val di Susa stanno portando il loro apporto in queste situazioni, con alchimie e risultati ancora da scoprire. In che modo questa ipotesi può trovare spazio anche fuori dalla Valle? In che modo le relazioni e la forza presenti nei singoli territori possono unirsi e portare un apporto positivo ai No Tav valsusini?

Ne discutiamo, previi aggiornamenti sui singoli contesti, con No Tav del Basso Garda, di Venezia e del Trentino. Mensa Marzolo Occupata, venerdì 15 maggio ore 17.00.

DIBATTITO NO TAV MARZOLO locandina


Il sabotaggio è amico di chi lotta

Mestre, alba del 23 aprile. “Il sabotaggio è amico di chi lotta, Fra, Lucio e Graziano liberi subito, No Tav”. Il processo inizierà poche ore dopo, con un rinvio fissato al 12 maggio e la sentenza per il 26 dello stesso mese.

fra lucio graziano


25 Gennaio, presidio sotto al carcere di Ferrara

Sabato 25 gennaio, dalle ore 15.00 sotto in carcere di Ferrara, in via Arginone.

Contro tutte le galere, per la libertà di tutti i prigionieri.

Di seguito il volantino/appello degli organizzatori.

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Incontro con avvocati No Tav 23/01

Alla vigilia della sentenza del maxi-processo No Tav, sulle giornate di lotta e resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2011, una retrospettiva sulla situazione repressiva del movimento, dai più di mille indagati alle accuse di terrorismo. Ne parliamo all’ex Ospizio Occupato venerdì 23 gennaio, dalle ore 18.30  con degli avvocati del movimento No Tav.

A seguire cena benefit.


Il prossimo 27 gennaio è prevista la sentenza di quello che viene definito il “maxi processo“ No Tav. “Maxi” per distinguerlo dagli altri innumerevoli procedimenti penali che, dall’apertura delle ostilità in Valle, hanno colpito più di mille persone.
Il processo in questione riguarda i fatti avvenuti in Val di Susa il 27 giugno e il 3 luglio del 2011. Due giornate molto diverse tra loro, ma equiparate in sede processuale, in una nuova strategia della procura torinese destinata a fare scuoa: non più dividere tra “buoni o cattivi”, “pacifisti e black bloc”, bensì farla pagare cara a chiunque, senza distinzioni appunto, scenda in piazza in maniera attiva e non dialogante.
I primi effetti di questa inchiesta risalgono al gennaio del 2012, quando 26 persone vennero raggiunte da provvedimenti di custodia cautelare eseguiti in carcere o agli arresti domiciliari. In seguito sono risultati 53 gli imputati rinviati a giudizio, tutti (valsusini, militanti politici, chi partecipava per la prima volta ad un’iniziativa no tav) accusati di violenze nei confronti delle forze dell’ordine e di danneggiamenti alle strutture del cantiere.
Per loro i magistrati hanno chiesto pene fino a 6 anni e, per conto dello stato e Ltf, oltre 650000di risarcimenti.

Cerchiamo ora di riassumere i fatti e il significato di quelle giornate.

Il 27 giugno 2011 la polizia sgomberò militarmente la Libera Repubblica della Maddalena, una porzione di territorio (luogo preposto all’installazione del cantiere per il tunnel esplorativo) occupata dal movimento No tav, sottratta per oltre un mese alle logiche e ai dispositivi di controllo e profitto. La resistenza allo sgombero ha portato molte persone, anche fino a poco prima convinte della possibilità di una risoluzione pacifica, a rendersi conto della portata dello scontro in atto, e ad agire di conseguenza.

Il 3 luglio dello stesso anno rappresenta una delle giornate in cui la rabbia e la determinazione del popolo No tav e dei solidali provenienti da ogni parte d’Italia sono emerse più chiaramente. Decine di migliaia di persone hanno disceso i sentieri della Valle per assediare il cantiere-fortino di Chiomonte, allargato la settimana precedente. Per tutto il pomeriggio le forze dell’ordine hanno cercato di respingere i manifestanti utilizzando idranti, manganelli, lacrimogeni, ruspe e compiendo pestaggi. Il grande merito di questa giornata è stato quello di aver fatto riscoprire a molti che, decisi e con la giusta compagnia, è possbile fronteggiare e far arretrare la polizia anche quando questa sembra più forte e meglio organizzata.

Assieme all’avanzamento che queste giornate hanno portato fra gli oppositori al treno veloce e al mondo che si porta dietro, è arrivato anche il cambio di passo della repressione : la lotta No tav da questo momento in poi verrà solamente tacciata di essere incubatrice di violenti di professione prima, di veri e propri terroristi poi. Se con gli arresti per terrorismo di dicembre 2013 e dello scorso luglio l’obiettivo era far astenere chi lotta dalle pratiche di sabotaggio, con la sentenza del maxiprocesso si sta cercando di dare un colpo frontale allo spirito di quei giorni. Necessario sarà, per i pm e per tutta la lobby Si-Tav, arrivare a una condanna esemplare: ad essere intollerabile, dal loro punto di vista, è non tanto la determinazione dimostrata quanto il sentimento di comunità che l’ha prodotta.

Abbiamo già visto come le risorse messe in campo per respingere l’accusa di terrorismo abbiano sortito il loro effetto: una mobilitazione durata nel tempo, intrapresa a più livelli e con diverse modalità, ha fatto sì che il giudice non abbia condannato Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia al massimo della pena. Allo stesso modo, come abbiamo sempre fatto, sarà necessario far pesare, e non poco, qualsiasi condanna ai 53. Ne va della memoria di quelle giornate, e di tutto ciò che hanno saputo scatenare.

Per fare il punto sulla situazione giudiziaria alla vigilia della sentenza del maxiprocesso
ci vediamo venerdì 23 gennaio alle 18.30 presso l’ex ospizio occupato. Saranno presenti alcuni avvocati del Movimento No Tav. A seguire cibo in abbondanza, beveraggi e intrattenimenti musicali.

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Terroristi spray

La mattina del 2 dicembre Digos e Carabinieri perquisiscono i locali dell’ex Ospizio Contarini, sequestrando barattoli di vernice nautica e bombolette spray, con l’accusa di 635 (danneggiamento) e 270 sexies (condotte con finalità di terrorismo). Potete leggere maggiori dettagli sui fatti della mattinata nel comunicato che segue.

Importante risulta porre l’accento sull’uso strumentale e infame che viene fatto del 270 sexies, sul quale seguirà a giorni un testo più completo rivolto a chi, da un anno a questa parte, si sta occupando di organizzare la solidarietà ai prigionieri No Tav.

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Stamattina, 2 dicembre 2014, verso le 10.30 una quarantina tra Digos e Carabinieri in borghese ha fermato due compagni all’esterno dell’Ex Ospizio Contarini Occupato, a Santa Marta. Hanno quindi proceduto, dopo varie intimidazioni, a perquisire i due compagni, sottraendo con la forza le chiavi della casa occupata a uno dei due.

Gli sbirri sono quindi entrati a perquisire i locali dello spazio, sequestrando bombolette spray e vernici da ricondurre a un’azione di solidarietà No Tav avvenuta il 16 novembre scorso, durante la quale è stata imbrattata la facciata del Tribunale di Venezia con vernice rossa e scritte. Perquisizione motivata dalla nota vicinanza sempre dimostrata al movimento No Tav e, scopriamo solo dopo, dal tristemente noto reato di 270sexies (condotta con finalità di terrorismo), rivolto in questo caso verso ignoti.
Lo stesso reato per il quale Chiara, Claudio,Niccolò e Mattia si trovano in carcere dal 9 dicembre scorso per aver partecipato ad un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte!
Appare chiaro come anche la procura di Venezia,con manie di protagonismo e in cerca di facili carriere, stia cercando di usare le stesse armi giuridiche della procura di Torino per colpire, oltre ai No Tav direttamente implicati in azioni di sabotaggio, anche tutte le manifestazioni di solidarietà volte a far crollare questo infame, quanto farsesco, castello accusatorio.
Come abbiamo già avuto modo di dire, il reato 270 sexies, introdotto nel codice penale nel 2005 dopo gli attentati di Madrid,crea un fumus giuridico nel quale ogni condotta volta a “coartare le istituzioni” (leggi: ogni protesta che esca, anche di poco, dai limiti della rivendicazione democratica) è imputabile di terrorismo, dal sabotaggio di un compressore a, da oggi, della vernice su un Palazzo di Giustizia.
Prendiamo atto della totale mancanza di senso del ridicolo della pm Francesca Crupi, della Digos e dei carabinieri veneziani nel procedere ad una perquisizione per terrorismo cercando come prove spray e vernici relative ad un imbrattamento ma, in questi tempi di caccia alle streghe, non ci sorprendiamo più di nulla.
Rilanciamo con forza la solidarietà ai nostri compagni arrestati e i prossimi appuntamenti di lotta contro l’Alta Velocità, a partire dai prossimi 7 e 8 dicembre in Val di Susa.
CHIARA, CLAUDIO, MATTIA, NICCOLò, FRANCESCO, LUCIO, GRAZIANO LIBERI SUBITO!


Le occupanti e gli occupanti dell’ex Ospizio Contarini

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Ogni condanna è ingiusta!

Volantino distribuito durante il presidio No Tav del 16 novembre 2014, in campo Santa Margherita. Seguono foto del presidio.


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Incontro con i No Tav del Trentino

Trivelle bloccate, presidi permanenti, assemblee di comitati. La lotta No Tav in Trentino si sta, in queste ultime settimane, confrontando con l’inizio dei lavori veri e propri del tunnel del Brennero.
Ne parliamo con alcuni compagni dei comitati.

ORE 18.30 incontro/discussione con i compagni dei comitati che si oppongono all’Alta Velocità in Notav Trentino
ORE 21.00 CENA BENEFIT per la campagna “metro per metro”, volta all’acquisto di un terreno collettivo sul tracciato del Tav.

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La solidarietà corre più veloce del TAV

Domenica 26 ottobre. Il vincitore della Venicemarathon 2014 Behailu Mamo Ketema viene salutato, all’altezza delle Zattere, da striscioni e bandiere solidali con i No Tav accusati di terrorismo.

Solidarietà ad alta velocità!

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Non ci fermerete, non ci fermeremo

Torino, 10 maggio. Testo distribuito durante il corteo da alcuni No Tav veneziani.


 

 

 

NON CI FERMERETE, NON CI FERMEREMO

 

La manifestazione di oggi,10 maggio, ha un’importanza epocale.

Per la prima volta un movimento di lotta popolare, nella sua interezza, rivendica una pratica come il sabotaggio, esprimendo solidarietà incondizionata a quattro compagni/e accusati/e di essere dei terroristi. Il grande merito della Valle, e di tutti i No Tav, è stato quello di aver fatto passare, in questi mesi, il messaggio chiaro che il sabotaggio è giusto, e che il Tav va fermato con ogni mezzo necessario, nonostante il silenzio mediatico nel quale sono stati effettuatigli arresti, nonostante la retorica sempre più legalitaria di partiti e istituzioni.

Con buona pace di chi ha atteso fino all’ultimo per prendere posizione, e di chi l’ha presa per paura diessere definitivamente “tagliato fuori dai giochi”, il Movimento No Tav ha già saputo superare l’innocentismo e il vittimismo, cogliendo la solidarietà ai quattro come occasione per rilanciare la resistenza quotidiana in Valle e tutta la lotta No Tav.

Proprio in virtù di questo non dobbiamo pensare alla giornata di oggi come un punto di arrivo, come non lo era stato il 22 febbraio scorso. Il processo a Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò inizierà il 22 maggio, e dovremo essere altrettanto numerosi e ancor apiù determinati fuori dall’aula bunker, e ovunque sia utile battere un colpo.

Così come dovremo mettere incampo tutta la nostra fantasia e il nostro coraggio in concomitanza alle altre udienze del processo, udienze che cadranno con un ritmo molto serrato, durante l’estate, su cui dovremo allo stesso tempo fare pressione e provare adecostruire il clima da anni di piombo che magistrati, stampa e partiti hanno messo in piedi.

Chi ha capito la portata della posta in gioco questo lo sa bene, come sa che, per dare concretezza alla solidarietà, sarà necessario impegnarsi in Valle più di prima, disturbando i lavori a Chiomonte, le truppe di occupazione e preparando il terreno perl’apertura dei cantieri veri e propri tra Susa e Bussoleno.

Comunque vada la manifestazione di oggi, per non far passare quest’accusa di terrorismo su unpiano politico sarà necessario parlare chiaro, e avere la memoria lunga. Troppo freschi sono i ricordi delle retoriche sugli infiltrati, sulla contrapposizion itra buoni e cattivi, sulle felpe nere, sputate dopo i fatti del G8 di Genova ela sommossa del 15 ottobre 2011. Infamità che hanno avuto l’unico risultato difar accettare il reato di “devastazione e saccheggio”: centinaia di anni dicarcere affibbiati a chi ha rotto una vetrina, raccolto un sasso, riso di gusto vedendo una camionetta data alle fiamme. Chi ha propagandato questa lettura deifatti è il primo responsabile delle condanne inflitte ai compagni, e di quelleche verranno. Non dimentichiamolo mai, non dimentichiamoli mai.

Se stavolta andrà diversamente, se presto riabbracceremo i nostri quattro compagni e seppelliremo con una risata l’accusa di terrorismo, se continueremo a sabotare il Tav come in quella bella notte di maggio dipende solo da noi, dalla chiarezza delle nostre parole, dalla concretezza delle nostre azioni.

CHIARA, CLAUDIO, MATTIA,NICCOLò LIBERI SUBITO!

                                                                                                                                                                   ALCUNI NO TAV VENEZIANI

Torino 10 maggio 2014