Category Archives: Iniziative

Non un sasso indietro vol.2

ExOspizioOccupato Domenica 20 Maggio 2018

Fondamenta delle Terese 2209A – SantaMarta – Venezia – Pianeta Terra


Dopo la compilation a sostegno della lotta notav un altro contributo, non solo musicale, dedicato a chi ogni giorno lotta contro le frontiere e brucia i centri di reclusione.
Facciamo questo perché l’hardcore torni ad essere una minaccia.
Perché non sia solo un urlare sotto palco ma un coltello alla gola di chi ci opprime e reprime.

h 15 30
OPPRESSIONI MULTIPLE:
discussione sulla specificita’ della migrazione e della detenzione femminile, partendo dall’esperienza concreta della lotta contro il cpr di ponte galeria a roma.
h 18 00
Rauchers-Gardaland-HcFastCore

Culto del Cargo-Treviso-CrustPunk

Zene-FarEastVeneto-R’N’R MetalPunk

Gufo Nero-Rovereto-HcSludge


 


Venerdì 23 Marzo 2018- HipHop all’ex-ospizio occupato

Venezia, Santa Marta, Dorsoduro, Fondamenta delle Terese 2209A.

Secondo venerdì Hip Hop all’Ex Ospizio Occupato, all’insegna del groove e di parole taglienti!
Per questa data ospiteremo con piacere i NoChappi? Bourgeois! da Genova, per il loro minitour fra le nebbie del nordest con il loro sound elettronico d’altri tempi, quelli belli in cui si ballava tutta la notte!!!

ore 21.30
NoChappi? Bourgeois!
(rap&elettronica from Genova)
https://m.soundcloud.com/no-chappi-bourgeois
https://www.facebook.com/bargneus2/

ore 23.30
Open Mic feat acousticbeat by Marc
sono invitati tutt* gli MCs e i cantastorie di passaggio

A breve nuove sorprese e ospiti!

Entrata Libera, Bar popolare
No fasci, No sessiti, No omofobi


Una proposta per il prossimo 16/9

Il testo che segue è una proposta di discussione, rivolto a tutti e a tutte gli interessati, per l’incontro che si terrà a Venezia il prossimo 16 settembre, in merito alle iniziative contro la richiesta di Sorveglianza Speciale ai danni di un compagno.


La richiesta di Sorveglianza Speciale formulata dalla Questura di Venezia ai danni di un compagno chiude idealmente quel cerchio di misure preventive iniziato un anno fa nella città lagunare, con l’emissione di una quarantina di fogli di via e di tre avvisi orali. Una strategia volta ad allontanare chi prende parte in una lotta dal contesto in cui vive, isolandolo dai propri legami e affetti. Questi provvedimenti spesso pesano sulla vita di chi ne è destinatario più delle eventuali condanne penali per i reati che le motivano, sempre ammesso che questi siano sostenuti e comprovati in sede processuale. 
Un discorso simile lo vediamo concretamente realizzarsi nel gran numero di misure cautelari che tante procure, quella di Torino su tutte, affibiano agli indagati di inchieste che, altrettanto spesso, finiscono con un nulla di fatto o con la caduta di buona parte dell’impianto accusatorio. Misure che risultano esse stesse essere il fine della repressione poichè, con effetto immediato, impongono restrizioni in molti casi più gravose e durature della pena.
Recentemente qualcuno, con coraggio, ha messo in dubbio l’inviolabilità di queste misure disobbedendone ai dettami, mettendo in conto l’eventualità concreta di finire in carcere o agli arresti domiciliari. Due compagni, attivi sul fronte No Tav in Val di Susa, sono attualmente detenuti alle Vallette di Torino per aver portato questa decisione fino in fondo.  
Scelte di cui potremo valutare l’efficacia nel prossimo futuro ma che, guardando all’oggi, aprono possibilità inedite nei tanti modi di affrontare la repressione. 
Ci interesserebbe aprire uno spazio di confronto attorno a questo modo di organizzarsi, consapevoli che il “se” e il “come” farlo, pur partendo da una presa di posizione individuale, possono trovare riscontro solamente in una forza comune e nella volontà di produrre un avanzamento della lotta in tal senso. Per fare questo è necessario dotarsi dei mezzi, materiali e immateriali, per non lasciare solo chi viene colpito ma, soprattutto, per far sì che questa possibilità diventi solida, efficace e alla portata di tutti e tutte.
Per iniziare a discutere di questo e di molto altro ci vediamo venerdì 16 settembre, alle ore 16 all’Ex Ospizio Occupato.
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Tre giorni contro la Sorveglianza

Una proposta. Tre giorni di discussione e iniziative contro la richiesta di Sorveglianza Speciale. Tre spazi di confronto e possibile azione.

A Venezia, il prossimo 16, 19 e 20 settembre.

Sempre contro ogni galera, con o senza sbarre.

 

Troverete tutti i materiali fin’ora prodotti sulla questione (volantini e manifesti scaricabili) a questo indirizzo.

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Incontro e Assemblea: prospettive della lotta anticarceraria in Veneto

A Vicenza l’eco di una clamorosa protesta estiva, con i detenuti saliti sul tetto, ha risuonato in svariate battiture per la pessima qualità del vitto e la condizione di sovraffollamento. A Verona due incendi in 48 ore hanno intossicato una ventina di agenti nel mese di ottobre. A Venezia uno sciopero di una settimana ha messo in scacco l’amministrazione carceraria.

Lotte diverse, ma che sembrano correre sugli stessi fili invisibili. Partiamo da ciò che è successo negli ultimi mesi nelle carceri del Veneto per ricollegare questi fili, trovare nuove corrispondenze. Per costruire una prospettiva anticarceria efficace, che sappia superare lo spettro dell’assistenzialismo e il confine tracciato da quelle mura.

L’appuntamento è alle ore 17.00, venerdì 20 novembre, all’ex Ospizio Occupato.

Qui il link all’appello del corteo del 5 dicembre, in solidarietà ai fogli di via notificati per la solidarietà espressa alla lotta dei detenuti:

Corteo contro i fogli di via- Venezia sabato 5 dicembre ore 15.00

locandina assemblea


Striscioni e solidarietà

Anche stamattina, giorno della seconda udienza per Francesco, Lucio e Graziano, una piccola manifestazione di solidarietà da Venezia. Striscione calato sopra il banner di Expo a Piazzale Roma.

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Invitiamo tutti i solidali No Tav al concerto benefit per i compagn* arrestat* venerdì prossimo (15 maggio) a Padova, alla Marzolo Occupata. La serata sarà preceduto da un dibattito sui fronti No Tav aperti nel nostro territorio e sulla solidarietà alla lotta . Qui di seguito trovate il testo introduttivo e la locandina in pdf.

E’ passato più di un anno e mezzo dai primi arresti No Tav per terrorismo, relativi al sabotaggio del cantiere Tav di Chiomonte del 14 maggio 2013.
Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia hanno rivendicato la loro presenza quella notte, ribadendo le loro ragioni e la propria appartenenza alla lotta contro l’Alta Velocità. Caduta l’accusa di terrorismo sono ora ai domiciliari.
Anche Francesco e Lucio, arrestati l’11 luglio scorso insieme a Graziano, hanno ammesso e rivendicato la loro partecipazione al sabotaggio. Il loro processo terminerà con la condanna in prima grado il prossimo 27 maggio. Sono attualmente detenuti alle Vallette di Torino, dopo una lunga permanenza in AS2 a Ferrara, in pessime condizioni.
Nel corso di questo ultimo anno e mezzo abbiamo visto come la solidarietà attiva, declinata con un’inedita varietà di mezzi e a più livelli, abbia influito, e non poco, sugli esiti del processo ai quattro compagni, in particolar modo sul rigetto dell’accusa di terrorismo.
Questo però non può bastarci: la migliore solidarietà da esprimere verso chi è in carcere è continuare, con maggiore forza e determinazione di prima, ciò che i compagni imprigionati stavano portando avanti. In questo caso non solo la lotta contro un treno, contro un’opera nociva e che continua a tagliare fondi al trasporto pendolare, ma la costruzione, all’interno di questa lotta, di un’ipotesi rivoluzionaria.
Recentemente nel nostro territorio sono sorti diversi comitati No Tav in opposizione alla realizzazione di specifici segmenti di Alta Velocità. Molti compagni e compagne che hanno attraversato la lotta in Val di Susa stanno portando il loro apporto in queste situazioni, con alchimie e risultati ancora da scoprire. In che modo questa ipotesi può trovare spazio anche fuori dalla Valle? In che modo le relazioni e la forza presenti nei singoli territori possono unirsi e portare un apporto positivo ai No Tav valsusini?

Ne discutiamo, previi aggiornamenti sui singoli contesti, con No Tav del Basso Garda, di Venezia e del Trentino. Mensa Marzolo Occupata, venerdì 15 maggio ore 17.00.

DIBATTITO NO TAV MARZOLO locandina


Chiudiamo i manicomi, liberiamoci dalla psichiatria

Sabato 28 Marzo a Reggio Emilia ci sarà un corteo nazionale per chiedere la chiusura degli Opg e delle strutture ad essi collegate e/o sostitutive (REMS, case di cura etc..). Iniziamo già da ora a parlarne, a spargere la voce, iniziamo a vedere fino a dove la psichiatria può spingersi e toccare il nostro vissuto quotidiano. Di seguito trovate la locandina del corteo e l’appello degli organizzatori. 


 

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CORTEO SABATO 28 MARZO a REGGIO EMILIA

CHIUDIAMO TUTTI I MANICOMI!
LIBERIAMOCI DALLA PSICHIATRIA!

NO OPG, NO REMS, NO PSICHIATRIA!

Esistono muri, a volte invisibili, che dividono la normalità dalla “follia”. Sono costruiti dal potere e rafforzati dal deserto che si trova al loro esterno.

La presunta, prorogata ormai da 4 anni, chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) lascerà spazio all’istituzione delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS). Cambia il nome, gli internati sono deportati, gli appalti assegnati e lo slancio riformista soddisfatto. Ma le nuove strutture conservano la medesima attitudine repressiva e il concetto stesso di manicomialità, perpetuandone lo stigma. Lungi dal rappresentare un indebolimento della detenzione senza fine e della psichiatria, ne sono la continuazione aggiornata, calibrata su modelli detentivi improntati a esternalizzazione e privatizzazione, come avvenuto per i CIE.
(Centri di Identificazine ed Espulzione)

Da questa prospettiva, si intravede un sistema detentivo sempre più articolato in cui i concetti arbitrari di “malattia mentale” e “pericolosità sociale” acquistano maggior rilievo, avallati da perizie mediche incontrastabili. È importante e urgente riconoscere il ruolo centrale che ricopre la psichiatria nella nostra società, come uno dei mezzi più violenti, invisibili, versatili e repressivi in mano al potere.

A Reggio Emilia sono concentrati i principali organi repressivi e di detenzione quali: tribunale di Sorveglianza, Carcere, Opg, le Strutture ad Alta Sorveglianza Psichiatrica e sono già in costruzione le future Rems.

Le mura possono essere di cemento o chimiche, possono essere utilizzate per punire o per prevenire. Non esistono compromessi: i corpi e le menti non si rinchiudono.
Distruggiamo i manicomi, liberiamoci dalla psichiatria: perché i nostri pensieri siano sempre più pericolosi per chi li vorrebbe incatenati.

Corteo nazionale a Reggio Emilia il 28 marzo
concentramento in Piazza San Prospero (Piazza dei Leoni) ore 14:30
al termine del corteo saluto sotto l’OPG

RETE ANTIPSICHIATRICA
per info: violazione@autistici.org


7Febbraio. Presentazione della campagna per la chiusura degli OPG.

Dal 1978 attraverso la legge 180, detta “Basaglia” dal nome del suo ispiratore, lo stato italiano è considerato precursore e guida per il superamento dei manicomi che in seguito a questa legge sono stati chiusi.
Tuttavia i manicomi non sono scomparsi. In Italia esistono ancora sei Ospedali psichiatrici giudiziari (Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere) in cui sono attualmente recluse circa 850 persone.
Negli Opg vengono reclusi gli imputati che, in seguito a perizie psichiatriche, vengono considerati incapaci di intendere e di volere; questi vengono prosciolti senza giudizio e se riconosciuti pericolosi socialmente sono avviati all’internamento.
Le persone detenute negli Opg vivono di fatto in un limbo giuridico da cui non hanno autonomia d’uscita e trascorrono la loro quotidianità in strutture vecchie, fatiscenti, sporche dove la contenzione fisica, chimica e psicologica è la regola.
A seguito di un’ispezione parlamentare, che nel 2013 fece scoprire ad alcuini senatori la realtà degli Opg, venne approvata la legge n°81/2014 che converte il decreto legge del 31 marzo 2014 n°52 recante disposizioni in materia di superamento degli Opg. Questo decreto, n° 52/2014, prevede la proroga dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015 il termine per la chiusura degli Opg e la conseguente entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza).
Nelle future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto. Tuttavia la costruzione delle REMS, affidata alle Regioni, non è stata avviata quasi da nessuna parte e qualora dovesse concretizzarsi queste nuove strutture avranno una gestione affidata al privato sociale (come nei CIE), andando così incontro a fenomeni di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia ad opera dei servizi psichiatrici.
In questo contesto la questione centrale è quella del superamento del modello di internamento, per non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali in nuove strutture, come nelle case di riposo, nelle carceri, nelle comunità, ecc… .
L’esistenza degli Opg esplicita chiaramente l’enorme potere della psichiatria il cui giudizio, non basato su fatti ma su supposizioni che hanno la pretesa di essere scientifiche, costituisce la base per la segregazione dell’altro.
Pertanto riteniamo che l’esistenza degli Opg non debba essere prolungata oltre e che le persone che vi sono recluse vengano liberate subito e non trasferite in altre strutture.

Presentazione della campagna per a chiusura degli Opg e del corteo del 28 marzo a Reggio Emilia con alcuni compagni della Rete Antipsichiatrica.
Ore 18.30 inizio incontro, a seguire dibattito e buffet.
Presso l’ex oìOspizio contarini occupato, fondamenta delle terese 9a, santa marta, venezia

campagna opg


6 Febbraio.Dalla lotta agli sfratti alla sorveglianza speciale. Un incontro con i compagni di Torino

Tra i primi mesi del 2012 fino al 2013 il quartiere di Barriera di Milano, “periferia” nord di Torino, è stato attraversato da una lotta contro gli sfratti tanto forte quanto condotta in maniera inedita.
Tra le strade bloccate dai cassonetti usati come barricate, tra i picchetti formati da un magma di compagni, sfrattati e solidali si è fatta largo un’ipotesi rivoluzionaria: partire dalla difesa di un bisogno per attaccare ciò che ci separa dai nostri desideri.
Nata da un incontro fortuito, e fortunato, tra due persone la lotta agli sfratti di Torino è stata in grado di segnare un passo diverso in un pezzo di città sospeso tra illegalità diffusa e gentrificazione, creando, tra chi ne ha fatto parte, legami di solidarietà e relazioni a volte brevi, a volte duraturi. Legami che, acquisendo insieme competenze e crescendo nella lotta, hanno avuto la loro parte nelle altre lotte sviluppatesi successivamente: difficile non vedere delle somiglianze, ed un immaginario comune, nei blocchi in Val di Susa di quel periodo o nei quartieri di Milano dove, a novembre scorso, si è resistito agli sgomberi ordinati da Aler e giunta Pisapia.
Il passato 3 giugno la Procura decide di colpire duramente tutto ciò che la lotta contro gli sfratti in Barriera ha prodotto: 111 indagati complessivi, 29 misure cautelari di cui 11 in carcere. In seguito alla scarcerazione degli arrestati, avvenuta a fine novembre, il PM Rinaudo ha richiesto per 5 compagni/e la sorveglianza speciale. Una misura, affibiata in modo sostanzialmente arbitrario, che condiziona pesantemente la vita di chi la subisce, impedendogli di frequentare pregiudicati, di tornare a casa dopo una certa ora, di frequentare locali pubblici.
Una provvedimento questo che è stato recentemente richiesto per un compagno a Saronno (richiesta poi respinta) e per 3 compagni/e a Bologna, facendo intravedere una nuova strategia repressiva: falliti i tentativi di reati associativi, fallito il paradigma del “terrorismo”, provare a fermare i sovversivi incuneandosi tra la loro attività e le loro relazioni, limitandole e perseguendole allo stesso tempo.
Per raccontare cosa è stata la lotta agli sfratti da chi l’ha vissuta in prima persona, per riflettere e organizzarsi contro le nuove misure di sorveglianza speciale di vediamo
VENERDì 6 FEBBRAIO DALLE ORE 10.00 A SANTA MARTA

DALLE ORE 18.30 ALL’EX OSPIZIO OCCUPATO, FONDAMENTA DELLE TERESE 9/A.

locandina torinesi WEB


Incontro con avvocati No Tav 23/01

Alla vigilia della sentenza del maxi-processo No Tav, sulle giornate di lotta e resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2011, una retrospettiva sulla situazione repressiva del movimento, dai più di mille indagati alle accuse di terrorismo. Ne parliamo all’ex Ospizio Occupato venerdì 23 gennaio, dalle ore 18.30  con degli avvocati del movimento No Tav.

A seguire cena benefit.


Il prossimo 27 gennaio è prevista la sentenza di quello che viene definito il “maxi processo“ No Tav. “Maxi” per distinguerlo dagli altri innumerevoli procedimenti penali che, dall’apertura delle ostilità in Valle, hanno colpito più di mille persone.
Il processo in questione riguarda i fatti avvenuti in Val di Susa il 27 giugno e il 3 luglio del 2011. Due giornate molto diverse tra loro, ma equiparate in sede processuale, in una nuova strategia della procura torinese destinata a fare scuoa: non più dividere tra “buoni o cattivi”, “pacifisti e black bloc”, bensì farla pagare cara a chiunque, senza distinzioni appunto, scenda in piazza in maniera attiva e non dialogante.
I primi effetti di questa inchiesta risalgono al gennaio del 2012, quando 26 persone vennero raggiunte da provvedimenti di custodia cautelare eseguiti in carcere o agli arresti domiciliari. In seguito sono risultati 53 gli imputati rinviati a giudizio, tutti (valsusini, militanti politici, chi partecipava per la prima volta ad un’iniziativa no tav) accusati di violenze nei confronti delle forze dell’ordine e di danneggiamenti alle strutture del cantiere.
Per loro i magistrati hanno chiesto pene fino a 6 anni e, per conto dello stato e Ltf, oltre 650000di risarcimenti.

Cerchiamo ora di riassumere i fatti e il significato di quelle giornate.

Il 27 giugno 2011 la polizia sgomberò militarmente la Libera Repubblica della Maddalena, una porzione di territorio (luogo preposto all’installazione del cantiere per il tunnel esplorativo) occupata dal movimento No tav, sottratta per oltre un mese alle logiche e ai dispositivi di controllo e profitto. La resistenza allo sgombero ha portato molte persone, anche fino a poco prima convinte della possibilità di una risoluzione pacifica, a rendersi conto della portata dello scontro in atto, e ad agire di conseguenza.

Il 3 luglio dello stesso anno rappresenta una delle giornate in cui la rabbia e la determinazione del popolo No tav e dei solidali provenienti da ogni parte d’Italia sono emerse più chiaramente. Decine di migliaia di persone hanno disceso i sentieri della Valle per assediare il cantiere-fortino di Chiomonte, allargato la settimana precedente. Per tutto il pomeriggio le forze dell’ordine hanno cercato di respingere i manifestanti utilizzando idranti, manganelli, lacrimogeni, ruspe e compiendo pestaggi. Il grande merito di questa giornata è stato quello di aver fatto riscoprire a molti che, decisi e con la giusta compagnia, è possbile fronteggiare e far arretrare la polizia anche quando questa sembra più forte e meglio organizzata.

Assieme all’avanzamento che queste giornate hanno portato fra gli oppositori al treno veloce e al mondo che si porta dietro, è arrivato anche il cambio di passo della repressione : la lotta No tav da questo momento in poi verrà solamente tacciata di essere incubatrice di violenti di professione prima, di veri e propri terroristi poi. Se con gli arresti per terrorismo di dicembre 2013 e dello scorso luglio l’obiettivo era far astenere chi lotta dalle pratiche di sabotaggio, con la sentenza del maxiprocesso si sta cercando di dare un colpo frontale allo spirito di quei giorni. Necessario sarà, per i pm e per tutta la lobby Si-Tav, arrivare a una condanna esemplare: ad essere intollerabile, dal loro punto di vista, è non tanto la determinazione dimostrata quanto il sentimento di comunità che l’ha prodotta.

Abbiamo già visto come le risorse messe in campo per respingere l’accusa di terrorismo abbiano sortito il loro effetto: una mobilitazione durata nel tempo, intrapresa a più livelli e con diverse modalità, ha fatto sì che il giudice non abbia condannato Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia al massimo della pena. Allo stesso modo, come abbiamo sempre fatto, sarà necessario far pesare, e non poco, qualsiasi condanna ai 53. Ne va della memoria di quelle giornate, e di tutto ciò che hanno saputo scatenare.

Per fare il punto sulla situazione giudiziaria alla vigilia della sentenza del maxiprocesso
ci vediamo venerdì 23 gennaio alle 18.30 presso l’ex ospizio occupato. Saranno presenti alcuni avvocati del Movimento No Tav. A seguire cibo in abbondanza, beveraggi e intrattenimenti musicali.

locandina avvocati no tav WEB