Ci troviamo a scrivere questo comunicato a tre giorni dall’assassinio di Rémi Fraisse da parte della polizia francese, data la pressochè totale impossibilità di reperire informazioni in italiano sull’accaduto, in particolar modo sui media tradizionali. Probabilmente i maggiori quotidiani nazionali stanno aspettando ricostruzioni “ufficiali” del governo e della polizia francese, prima di esprimersi sull’accaduto: del resto troppo questa morte, e la lotta contro la costruzione della diga di Sivens, nel Tarn, è assimilabile alle varie situazioni di lotta contro le nocività nate in Italia negli ultimi anni, Val di Susa su tutte. Come troppe analogie presenta la condotta della gendarmerie e dei CRS con l’operato della polizia italiana per permettere di far uscire una versione veritiera e non filtrata dei fatti: quante volte abbiamo assistito a cariche folli in mezzo ai boschi o quante volte abbiamo visto la polizia, in assenza di telecamere o giornalisti, ricorrere a mezzi “non convenzionali” per fare veramente male ai manifestanti? Quante di queste situazioni potevano finire tragicamente con la morte di qualcuno?
Se diciamo questo non è perchè siamo caduti nella tentazione di piangerci addosso, o di invocare una polizia più democratica e legalitaria. E’ per dire che la morte di Rémi è una morte che riguarda tutti, non solo perchè Remi era un compagno ma perchè chiunque poteva trovarsi lì, in quel momento, vittima sia della violenza delle divise che delle mistificazioni e dell’infame opera di divisione tra buoni e cattivi che il governo, francese o italiano che sia, sta operando.
Ciò che trovate di seguito è una ricostruzione dei fatti che non abbiamo la pretesa di dire esatta, ma basata sulla traduzione di scritti e comunicati di movimento in francese e su alcune fonti dirette.
Seguiranno traduzioni dirette e aggiornamenti su quanto sta avvenendo in questi giorni in Francia, l’invito è quello di far girare queste notizie il più possibile, oltre ad organizzare azioni di solidarietà.
Sabato 25 ottobre a Sivens, nel Tarn, una manifestazione molto partecipata (oltre 7000 persone) che ha per oggetto l’opposizione a una diga che distruggerebbe irreversibilmente l’ambiente umido della regione termina in scontri con la polizia, che durano all’incirca fino alle 21.00. Nel corso della notte, in prossimità del cantiere di inizio lavori, gli scontri riprendono duramente, è qui, approssimativamente tra le 2 e le 3 del mattino, che Rémi perde la vita, accasciandosi al suolo dopo un’esplosione.
Il giorno successivo la polizia diffonderà la versione che Rémi sia morto lontano dal luogo degli scontri, simulandone il ritrovamento del corpo, tacendo sugli scontri della notte e affermando che la situazione, dal punto di vista dell’ordine pubblico, era ritornata alla normalità dopo i tafferugli del pomeriggio.
Secondo le testimonianze dei presenti Rémi sarebbe caduto a terra in seguito all’esplosione di una granata anti-accerchiamento o di una flash-ball, versione in parte confermata dalla prima autopsia ufficiale, secondo la quale le ferite letali sul collo di Rémi sarebbero compatibili con l’utilizzo di queste armi “non-letali”, regolarmente in dotazione alla polizia francese. Per granata anti-accerchiamento intendiamo un ordigno che, al momento dell’esplosione, emette un boato sonoro superiore a 150 decibel e la deflagrazione di un gran numero di piccoli frammenti di plastica. La flash-ball è invece un proiettile di gomma dura, simile per grandezza a una pallina da tennis, che, rimbalzando su varie superfici, provoca ferite contuse ai bersagli (l’utilizzo di quest’arma in maniera diretta, ovvero senza farla prima rimbalzare a terra, aveva già provocato il coma di un manifestante nei Paesi Baschi, non più tardi di tre anni fa). Il coordinamento promotore della manifestazione del 25 ottobre ha chiesto al governo una seconda autopsia indipendente, richiesta che, qualora dovesse venire rifiutata, confermerebbe ancora di più la colpevolezza della polizia.
Sempre secondo testimonianze dirette l’utilizzo di queste armi, nella notte tra il 25 e il 26 ottobre, sarebbe avvenuto in maniera diretta, ovvero tirando ad altezza uomo. Il corpo esanime di Rémi sarebbe stato inoltre subito portato via dalla polizia, tantoché in compagni presenti lo credevano semplicemente stordito e in stato di fermo.
La notizia della morte è stata diffusa solamente il giorno successivo (lunedì 27), e subito media e governo francesi hanno posto l’accento non sulla dinamica dei fatti ma sul temperamento della vittima (definito un violento e un alcolista), sottolineando la responsabilità delle “frange violente” nella morte del giovane.
I compagni presenti hanno denunciato invece l’atteggiamento provocatorio tenuto dalla polizia durante la giornata del 25 ottobre, presente in forze pur essendo il cantiere privo di macchinari o di operai da proteggere, con l’unico scopo di determinare duri scontri a manifestazione terminata. Scontri per mezzo dei quali ritrovare la legittimità per continuare con la costruzione di un’opera già definitiva nociva e economicamente non produttiva da più parti.
Nei giorni successivi si sono organizzate mobilitazioni in ricordo di Rémi e cortei di protesta in ogni città della Francia, molti dei quali sono stati duramente caricati.
Al momento i compagni francesi stanno lavorando per non far scemare l’attenzione sulla vicenda, per organizzare un appuntamento nazionale e unitario a breve e per fare in modo che il gioco del governo non intacchi la potenza di una lotta nata da poco (quella contro la diga di Sivens) ma che ha già saputo esprimere molto.
Seguiranno aggiornamenti.
A Remi Fraisse, assassinato dalla polizia francese.