Carceri a Rovigo

Una gabbia di ferro e cemento, ancora vuota, con vista sulla tangenziale.

Una trentina di milioni di euro per edificare l’ennesimo luogo di isolamento e rassegnazione nel paesaggio urbano: il nuovo carcere di Rovigo.Una struttura che quando aprirà i battenti, con i suoi 200 posti estendibili a 400, diventerà la prima “soluzione” ai problemi degli altri penitenziari della regione.

In tutto questo l’unica narrazione che è riuscita a imporsi è quella del Sappe, il meschino sindacato di polizia penitenziaria che, negli ultimi mesi, non ha risparmiato lagne sulle proprie condizioni lavorative, sul ritardo nella consegna della nuova struttura e sullo stato delle proprie divise.

Eppure le mura di Vicenza, Verona, Venezia e Belluno ci hanno raccontato un’altra storia. La storia di chi smette di avere paura delle sbarre e delle guardie, di chi si organizza per ribellarsi a uno stato di cose intollerabile e umiliante.

Abbiamo deciso di portare quelle voci anche a Rovigo, per espanderne l’eco.

Perchè nessun nuovo carcere può essere una soluzione. Perchè, dentro come fuori, l’unica libertà possibile è nella lotta contro questo presente.

Sabato 19 marzo, dalle ore 14.30 sotto al carcere di via Verdi con musica e microfono aperto, per un pomeriggio di solidarietà a tutti i reclusi.

ROVIGO WEB

Versione stampabile del manifesto qui CARTEL ROVIGO


Rivolta al Baldenich!

Stamattina con questo titolo molti giornali locali hanno aperto la cronaca del bellunese.

Secondo le ricostruzioni, per ora unica fonte in nostro possesso, la rivolta sarebbe scoppiata per protestare contro le condizioni generali del carcere, le solite lungaggini burocratiche e il sovraffollamento. Si parla di tubi dell’acqua divelti per allagare le sezioni, di bombolette del gas incendiate e di una battitura collettiva durata fino a tarda notte. Per cercare di sedare gli animi l’amministrazione avrebbe richiesto supporto al personale di altri penitenziari, su tutti quello del Due Palazzi. Sempre stando alle dichiarazioni dell’amministrazione la principale preoccupazione, per tutta la nottata, è stata quella che dalle celle coinvolte la protesta divampasse all’intero carcere.

La rivolta è avvenuta a una settimana esatta dal presidio del 20 febbraio, indetto in solidarietà a tutti i detenuti e per salutare i più di 40 “sballati” dal carcere di Venezia a quello di Belluno a seguito delle proteste della scorsa estate. Trasferimenti che, nonostante i dati “truccati” diffusi fino a oggi, hanno effettivamente portato ad una condizione di sovraffollamento, oltre che, ci auguriamo, un certo savoir faire nell’arte di erigere barricate in sezione.

Le notizie da Belluno arrivano proprio nel giorno dell’inaugurazione ufficiale del nuovo carcere di Rovigo, alla presenza dello stesso ministro della Giustizia. Una struttura che, siamo sicuri, diventerà la “soluzione” a tutti i problemi, e alle proteste, che hanno contraddistinto l’ultimo anno nelle prigioni del Veneto. Lotte che hanno saputo parlare all’esterno ma soprattutto tra carcere e carcere, dipanando fili e trame inedite che non resta che seguire fino in fondo.

Nel pomeriggio una fugace ma calorosa presenza sotto Santa Maria Maggiore ha portato ai detenuti veneziani un racconto su quanto accaduto tra i monti. Con i migliori saluti dei trasferiti.

Servizio n.1194421: 20 Febbraio 2016 - Via San Giuseppe Localita' Baldenich - BELLUNO (Belluno) - Presidio davanti alle carceri di Baldenich di Belluno - Un momento del presidio - - - fotofecaberlotto

Belluno 20 febbraio

 


Anche tra i monti

“Nuove carceri, trasferimenti, fogli di via?Portare la lotta ovunque!”

Una presenza molto calda e partecipata sotto le mura del Baldenich, quella di sabato 20 febbraio. Una presenza che ha cercato di seguire e riallacciare i fili delle lotte degli ultimi mesi nelle carceri della regione. La vicinanza tra la strada e le celle permette di comunicare bene: dopo un’oretta di “riscaldamento” la risposta da dentro si fa sentire forte e rabbiosa. Vengono salutati i numerosi trasferiti da Santa Maria Maggiore e ricordato come questo carcere, oltre a fungere da “serbatoio” per mitigare i problemi si sovraffollamento di altre strutture, sia l’unico in zona ad avere una sezione dedicata alle persone transgender e un reparto psichiatrico (dove sono stati recentemente smistati alcuni dei reclusi dell’ex Opg di Castiglione delle Stiviere).

Tra i vari interventi che hanno intervallato i gruppi hip-hop provenienti da tutto il Veneto, particolarmente significativo quello che ha ricordato Mirko, ragazzo morto suicida tra le mura del penitenziario bellunese nel 2010.

Tra cori, fumogeni e improvvisate arrampicate sulla rete del campo antistante le mura si conclude una giornata importante per gli eventi e le prospettive che l’hanno motivata: riuscire a mantenere una continuità tra i momenti di protesta tra le mura e la quotidianità, tra la corrispondenza e una presenza tangibile fuori le mura.

Nel frattempo l’inaugurazione del nuovo carcere di Rovigo è stata fissata per il prossimo lunedì.

Qui di seguito riportiamo (dal Corriere delle Alpi) alcune statistiche sul carcere Baldenich uscite il giorno successivo al presidio:

I numeri di Baldenich. Nella struttura cittadina, l’unica del Veneto ad avere una sezione psichiatrica e una riservata ai transessuali, le cifre sono in controtendenza, rispetto alle altre case circondariali regionali. La capienza regolamentare è di 89, mentre quella tollerabile arriva a 134. Le presenze medie nel periodo monitorato dal primo luglio 2014 al 30 giugno dell’anno scorso sono state 78. Infine le presenze registrate al 30 giugno dell’anno scorso sono state 67.

Le statistiche più allarmanti sono quelle che si chiamano eventi critici: nel periodo

 tra il primo luglio 2014 e il 30 giugno dell’anno scorso, non ci sono stati suicidi, ma in sei ci hanno provato, come a Padova e più che nelle altre carceri e gli atti di autolesionismo sono stati 37. I numeri sono stati diffusi il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
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CRIMINALE È CHI SFRATTA E LASCIA LE CASE VUOTE!

SOLIDARIETà PADOVA

Diffondiamo il comunicato dei compagni di Padova in merito alla vile operazione di Polizia ai danni del Comitato di Lotta per la Casa. Ribadendo la nostra solidarietà, invitiamo tutti al CORTEO A SOSTEGNO DEI COMPAGNI INDAGATI: SABATO 27, ORE 16, PIAZZETTA CADUTI DELLA RESISTENZA-PADOVA.


 

La mattina del 18 febbraio dalle 6.30 sono state eseguite dalla Questura di Padova perquisizioni abitative e corporali tra Padova, Schio (Vi) e Cagliari nei confronti di 11 compagni del Comitato di Lotta per la Casa, attivi anche nella radio web RadiAzione e all’interno dell’Associazione culturale N. Pasian.

Queste si sono tramutate in 11 misure cautelari tra cui: 4 arresti domiciliari, 2 divieti di dimora e 5 obblighi di firma. Inoltre senza alcun avviso è stata sigillata con un portone di metallo la sede di Piazza Toselli, storico punto di riferimento a Padova, in cui si sono sempre svolte le attività dello sportello antisfratto del Comitato di Lotta per la Casa, dell’Asd Quadrato Meticcio, del doposcuola, dell’associazione N. Pasian, della Boxe Popolare Chinatown, della biblioteca del Centro di Documentazione C. Giacca e della web radio RadiAzione (a cui è stata requisita tutta la strumentazione). Attualmente la stessa sede è stata posta sotto sequestro.
L’accusa è quella di associazione a delinquere. Negli ultimi anni il reato associativo è stato sempre più utilizzato perchè consente da una parte di incarcerare e dare misure cautelari preventive, così da togliere dei compagni attivi dalle lotte, e dall’altra di allargare il raggio d’azione dell’inchiesta coinvolgendo anche strutture, sedi fisiche e strumenti di informazione come RadiAzione.
I fatti specifici constano di numerosi picchetti antisfratto ed alcune occupazioni abitative. La costruzione accusatoria però parla di un’organizzazione criminale, capace di circuire persone straniere e, fingendo di erogare loro un servizio inerente alla loro problematica abitativa, prima fidelizzarle e in seguito spingerle ad occupare inconsapevolmente un alloggio. Il Comitato, sempre secondo l’accusa, si serviva di RadiAzione come strumento per “promuovere le proprie attività criminali”.

Questa è la costruzione messa in piedi dalla Digos e commissionata da coloro che nell’edilizia residenziale pubblica vedono l’ennesimo bacino di speculazione da dove poter succhiare quei sempre più risicati margini di guadagno che la crisi del sistema produttivo ed economico ancora concede. Dal momento che le istituzioni non vogliono dare risposte serie alle problematiche sociali tipiche dei quartieri popolari (e chiunque conosca le condizioni in cui versano le case Ater non farà fatica a credere a queste parole), si cerca di risolverle reprimendo e criminalizzando le realtà politiche identificate come capaci di focalizzare la rabbia diffusa che in tali quartieri si respira.
Ed ecco che chi lotta per evitare che persone in difficoltà vengano buttate fuori di casa (perchè ree di morosità incolpevole), diventa un criminale, chi aiuta famiglie costrette a vivere in auto ad occupare alloggi lasciati colpevolmente vuoti dall’Ater, in attesa di poterli svendere all’asta al palazzinaro di turno, viene arrestato e una radio che denuncia la situazione di miseria a cui sempre più persone sono costrette, pur di garantire la ricchezza dei soliti pochi, viene fatta tacere.

Queste menzogne però si scontrano ogni giorno di più con le contraddizioni palesi della società in cui viviamo, come testimonia anche la grande solidarietà espressa fin da subito da molti abitanti del quartiere e da tutta Italia. Una società strozzata dalla crisi economica irreversibile che per mantenere inalterati i propri profitti promuove misure antipopolari tagliando l’istruzione e la sanità, allungando i termini per le pensioni, riducendo e privatizzando sempre più i servizi come i trasporti, precarizzando ulteriormente il mondo del lavoro e speculando sull’edilizia residenziale pubblica. Tutto ciò, a fronte del costante rifinanziamento degli investimenti bellici, espressione della tendenza alla guerra sempre più marcata e che si intreccia sul fronte interno con l’apparato repressivo dello stato.
Per continuare con le riforme “dei sacrifici”, la classe dirigente necessita di un clima di pace sociale e di tenere a freno il malessere popolare che, invece, aumenta sempre più e in tutta la penisola. Questo fine lo persegue con l’inasprimento della repressione e l’attacco verso le diverse forme di lotta che maturano in tale contesto; attraverso inchieste giudiziarie o con il manganello della polizia, com’è successo nei giorni scorsi ai lavoratori della logistica della Bormioli, in lotta per il proprio posto di lavoro.
Questo è un attacco rivolto a tutta una classe sociale e non solo agli 11 indagati.
Perchè quella che loro identificano come “un vero e proprio sodalizio criminale, strutturato e organizzato in maniera stabile”, è una realtà impegnata nella costruzione di un tessuto sociale capace di rispondere in maniera autorganizzata alle proprie esigenze, senza bisogno di andare ad elemosinare le briciole dalla giunta di turno, magari in cambio di qualche voto in più. Questo tessuto ci conosce e sa bene che i veri criminali sono quelli che prima in nome della ripresa, propongono ricette fatte di supersfruttamento, stipendi da fame e licenziamenti indiscriminati e poi, quando non hai abbastanza soldi per pagare loro un affitto, mandano la polizia a buttarti fuori di casa.

Le accuse che ci muovono le rimandiamo al mittente, consci che se è successo tutto questo è perchè hanno paura e noi dal canto nostro non abbiamo intenzione di smettere di fargliene.
Giovedì abbiamo salutato compagni determinati e con la rabbia negli occhi e siamo e saremo sempre pronti a raccoglierne il testimone.
Per questo l’appuntamento musicale del venerdì in Piazza Toselli verrà mantenuto e ci prenderemo le strade del quartiere per portarlo avanti. Per questo continueremo a lottare.
Abbiamo bisogno del sostegno di tutti e tutte. Le istituzioni hanno dato la loro risposta a chi chiedeva uguaglianza sociale, adesso è il momento di dare la nostra.

SOLIDARIETÀ A TUTTI I COMPAGNI DEL COMITATO DI LOTTA PER LA CASA
LE LOTTE NON SI ARRESTANO!

SABATO 27, ORE 16, PIAZZETTA CADUTI DELLA RESISTENZA-PADOVA
CORTEO A SOSTEGNO DEI COMPAGNI INDAGATI

Comitato di Lotta per la casa, redazione di RadiAzione.info, Associazione Culturale N. Pasian, Mensa Marzolo Occupata, Centro di documentazione C. Giacca

 


Padova 18 febbraio

Padova, 18 febbraio 2016.
4 arresti domiciliari, 2 divieti di dimora, 5 obblighi di firma.
Una sede del Comitato di Lotta per la Casa messa sotto sequestro e chiusa da lamiere.

Chiamano “associazione a delinquere” ciò che più li spaventa: il fatto che qualcuno si organizzi per soddisfare i propri bisogni. Insieme, senza di loro, contro di loro.
Solidali con chi mette la propria vita in gioco per resistere a uno sfratto, per occupare una casa.
Complici con chi, nei quartieri, nelle strade, nelle case occupate fa sbocciare possibilità rivoluzionarie.
Al fianco dei compagni e delle compagne inquisiti.

Cic, Maria, Richi, Redi liberi subito!

SOLIDARIETà PADOVA

Qui scaricabile trovate il manifesto di solidarietà di cui sopra


Riallacciare i fili della lotta, ci vediamo a Belluno!

ATTENZIONE! LA DATA DEL PRESIDIO è STATA MODIFICATA:

CI VEDIAMO SABATO 20/02/2016 ALLE 14.00 IN VIA S.GIUSEPPE (non più domenica 21)

Quattro suicidi, 55 tentativi di darsi la morte, 318 casi di autolesionismo. 2808 detenuti a fronte di una capienza regolare di 1693 unità.
Sono questi alcuni dei numeri che raccontano il 2015 tra le mura delle carceri del Veneto. Una situazione al collasso che ci parla di strutture fatiscenti, sovraffollamento, vitto scarso e immangiabile, sadiche ripicche di direttori e guardie.
In questo tetro quadro in molti hanno scelto di non abbassare più la testa, organizzandosi e preferendo ribellione al ricatto a cui chi è rinchiuso è costantemente sottoposto. L’anno passato la monotonia quotidiana delle prigioni di Venezia, Verona e Vicenza è stata interrotta da battiture di protesta, scioperi della fame e del carrello, conflitti con le guardie e vere e proprie rivolte.
Abbiamo ascoltato quelle grida di libertà, le stesse di sempre, e abbiamo cercato di sostenerle, amplificarle, diffonderle ovunque ci sembrasse necessario, per renderle più forti e incisive.
Perchè sappiamo che la giustizia, quella vera, non passa attraverso i rituali moriferi dei tribunali e delle prigioni.
Perchè ci è sembrato giusto dare una risposta all’altezza di chi, con caparbietà e coraggio, è stato in grado di inceppare quel dispositivo di solitudine e rassegnazione chiamato carcere.
Perchè il carcere, volenti o nolenti, è qualcosa che riguarda tutti, che è presente in ogni aspetto delle nostre vite. E vogliamo smettere di averne paura.

A seguito delle proteste numerosi detenuti sono stati trasferiti in altre carceri del Veneto. Provvedimenti che fungono da palliativo per alleviare le condizioni di sovraffollamento, ma anche da deterrente per lo scoppio di nuove rivolte.
Negli ultimi mesi più di quaranta ragazzi sono stati “sballati” dal carcere di Venezia a quello di Belluno, una struttura non ancora satura e “periferica” rispetto ai grossi penitenziari della regione.
Non far sentire soli i trasferiti, e tutti i loro compagni di detenzione, significa in questo momento riannodare i fili di una lotta non ancora sopita, che ha saputo parlare anche a chi, del carcere, non ha mai fatto esperienza.

L’appuntamento è per domenica 21 febbraio alle ore 15, sotto al carcere di Belluno (via Baldenich) con musica e microfono aperto.

In solidarietà a tutti i detenuti, per continuare a lottare.

 

Qui sotto trovate il Manifesto in formato stampa

e il volantino in A5

Manifesto Belluno


1970 Santa Maria Maggiore

Santa Maria Maggiore, 31 ottobre 1970.
Abbiamo visto nei giornali le foto dei compagni di Lotta Continua, che stanno facendo lo sciopero della fame a Porto Marghera. Buona parte di noi si trova qui dentro vittima di questo sporco sistema che colpisce i proletari in tutti i modi. Quando parliamo tra di noi e ci raccontiamo le nostre esperienze, il risultato finale è un odio accanito contro tutti gli sbirri, i manicomi, le galere, i tribunali e tutta la “malavita”: quella vera, degli imbroglioni, e ladri di prima classe, i padroni. I padroni e i loro servi che vivono sulle spalle del popolo. Oggi leggevamo sul “Gazzettino” del “Caso Boato” e ognuno di noi ritrovava se stesso e mesi e mesi di carcere preventivo, di umiliazioni, di segregazione, che centinaia di giovani devono subire per dei reati quasi sempre dettati da necessità economiche o addirittura inesistenti.
Bisogna essere qui dentro per capire la freddezza con cui si lascia marcire qui tanta gente, senza avere nessuna vera prova in mano; bisogna essere qui dentro per accorgersi che la stragrande maggioranza è gente povera: i signori, i padroni come Riva trovano sempre il modo di cavarsela; soprattutto se dietro c’è la Montedison, come per gli assassini del Vajont che non hanno rubato qualche carta da 100 mila, ma hanno ammazzato freddamente ben duemila persone. Basterebbe pochi giorni qui per accorgersi che i “delinquenti” sono una minoranza: ci sono ragazzi che aspettano da mesi il processo, per essere stati trovati con due grammi e mezzo di droga. C’è un vecchio dentro per vecchi rancori tra famiglie. C’è un negro di venti anni del Sud Africa qui da quasi un mese per una baruffa al porto (in questura ha perso anche i vestiti). Quando l’hanno interrogato parlavano solo italiano: non ha capito niente né lui né l’interprete. Ora è qui, senza i soldi per l’avvocato, abbandonato dalla sua nave di squadristi bianchi. Un ragazzo di Milano, orfano, senza una lira, è qui da agosto e aspetta il processo che chissà quando verrà: questo per aver dato un bacio ad una tedesca a Iesolo dove lavorava. Venendo in prigione, ha perso anche la stanza dove abitava, il comune l’ha passata ad un altro.
E ci sarebbe da parlare anche di quelli di noi che sono “ladri”: abbiamo tutta una nostra morale al fondo del nostro comportamento, una serie di principi: ci rifiutiamo di lavorare da schiavi: “lavorare un mese per portare a casa una miseria”, la ridistribuzione dei soldi rubati dai borghesi alla povera gente. I soldi infatti non si trovano dove non ci sono, cioè nelle case degli operai.
Se usiamo la violenza è perché alla “giustizia” dello stato capitalista cerchiamo di opporre la nostra giustizia. Il nostro errore è stato quello di interpretare individualisticamente questi principi, in modo cioè da perpetuare lo sfruttamento e non da eliminarlo.

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Sovraffollamenti

Secondo le ultime indiscrezioni i detenuti rinchiusi nel carcere di Santa Maria Maggiore, a Venezia, sono passati dai 340 di luglio, mese in cui sono iniziate le proteste, a 210. Trasferimenti e scarcerazioni di cui si sarebbe interessato in prima persona il Ministero dell’Interno, dopo le interrogazioni parlamentari presentate a seguito delle rivolte estive.

Un palliativo senza dubbio frutto delle lotte intraprese che, lungi dal risolvere i problemi strutturali del penitenziario, va inteso anche come un mezzo per scoraggiare altre insubordinazioni. Gli “sballati” sarebbero stati scelti tra coloro che intrattenevano meno legami, amicali e di parentela, con la città lagunare, ma sappiamo per certo che alcuni dei trasferiti sono stati tra i più attivi durante le battiture e gli scioperi passati.

Almeno quaranta ragazzi sono stati trasferiti al Baldenich, il carcere di Belluno, una struttura periferica che, fino al mese scorso, contava non più di 70 reclusi.

Altro fronte caldo per i trasferimenti, nel prossimo futuro, potrebbe essere il nuovo carcere di Rovigo, con 400 posti appena inaugurati ma non ancora attivi.

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Non si uccide così una citta?/ Movida alla Scomenzera

L’11 gennaio scorso il Sindaco Brugnaro ha, tramite una dichiarazione a mezzo stampa, di fatto aperto la strada allo spostamento della movida da Santa Margherita alla zona della Marittima, più precisamente nella striscia di terra (al momento inutilizzata) che costeggia il rio della Scomenzera.
Ne avevamo già dato notizia qui, perchè l’intenzione era già stata espressa associandola alla necessità di vietare cortei che partissero da quella zona della città, assimilando le manifestazioni politiche al divertimento notturno.
Prima di passare ad analizzare le possibili conseguenze di un progetto del genere che, per ora, rimane pura propaganda, pensiamo sia necessario dare un breve sguardo a ciò che è diventato oggi Santa Margherita, ovvero il frutto di precise politiche di zonizzazione e di ghettizzazione della vita studentesco-giovanile a Venezia.

Nella seconda metà dell’800 Santa Margherita è una zona pesantemente degradata, attraversata dal Rio della Scosassera, una cloaca a cielo aperto che raccoglie i rifiuti delle aree più povere e malmesse della città, situate tra l’Angelo Raffaele, i Mendicoli e la futura Santa Marta. Alla fine del secolo il Rio viene interrato per motivi di igiene e, tra la costruzione della Stazione e di Piazzale Roma negli anni 30 del 1900, il Campo diviene un nodo nevralgico nelle geografie della parte occidentale della città.
Storico punto di ritrovo di repubblicani e socialisti, ospiterà nelle sue vicinanze la prima Camera del Lavoro di Venezia, mentre l’Osteria “Al Capon” resterà, negli anni di ascesa della camicie nere, il luogo di ritrovo degli antifascisti cittadini. Per i fascisti Santa Margherita diviene l’incarnazione del mito del nemico, tanto che gli squadristi veneziani gli affibbiano il nome di “Repubblica”. Dopo la marcia su Roma la Camera del Lavoro viene incendiata, l’Osteria al Capon chiusa e la Casa del Boia (il piccolo edificio quadrato al centro del Campo) trasformata in “Casa del Fascio”, arrogante monito per chi, fino al giorno prima, osava accogliere i fascisti di passaggio a colpi di pistola.
All’oggi la Casa del Boia è sede del presidio permanente della Polizia Locale.
Nel dopoguerra il Campo diventa uno dei ritrovi degli studenti veneziani, centrale rispetto a molti licei e istituti superiori, nonchè alle principali sedi di Ca’ Foscari, IUAV e Accademia della Belle Arti. “Uno dei ritrovi” poichè, fino a metà degli anni 2000, l’università è ancora diffusa in tutta la città e, con essa, i luoghi di ritrovo giovanili: le sedi sono a Dorsoduro, ma anche nei pressi di San Giacomo, in Strada Nova e persino alla Celestia. Lo caratteristica urbanistica interclassista di Venezia fa sì che campi come Santo Stefano, San Bartolomeo o l’Erberia, ora esclusivo appannaggio di ricchi e turisti, siano per molti anni luoghi di incontro e di divertimento serali, integrati con le esigenze degli abitanti storici.
Con l’aumento vertiginoso dei flussi turistici appare necessario differenziare i pecorsi e le zone di interesse, per procederne ad una mercificazione più capillare: nasce, di fatto, un “centro” cittadino a ridosso dell’area marciana, in una città per sua natura policentrica, a vocazione esclusivamente commerciale e turistica. Nel contempo vengono chiusi (e spesso svenduti) i palazzi storici delle università più lontani dal sestiere di Dorsoduro, concentrando ancora più corsi e classi nelle sedi attigue a Santa Margherita.
Tagliando le definizioni con l’accetta, ciò che si va a creare nei primi anni 2000 è una vera e propria zona universitaria tra Santa Marta e l’Accademia, comoda da raggiungere per un numero crescente di studenti pendolari ma, nei delicatissimi equilibri urbani, sempre più scollata dai ritmi dei suoi abitanti. Questa mutazione coinvolge, da vicino, la vita stessa degli studenti: i legami con la città diventano sempre più rari e occasionali, l’esperienza rinchiusa in percorsi obbligati sempre uguali e distanti da quelli di chi, invece, a Venezia risiede da anni.
Gli altri luoghi di incontro si svuotano, di persone e di senso, mentre chi si ostina a rimanere viene combattuto a suon di ordinanze anti-degrado e anti-rumore. E’ questo il caso dell’Erberia di Rialto, o di una frequentata osteria nei pressi di San Giacomo, prima chiusa per “schiamazzi” e poi riaperta con pesanti limitazioni di orario. Fatti che portano tutta una fascia giovanile, che, a Venezia, è composta quasi totalmente da universitari o ex-studenti, a trascorrere le proprie serate a Santa Margherita, l’unico campo dove si può trovare un bar aperto dopo le 23.
Attualmente, nella sola superficie del Campo, risultano aperti 11 locali, la metà dei quali inaugurati negli ultimi dieci anni. Una concentrazione di esercizi commerciali senza pari in città.

Negli ultimi anni di Santa Margherita si è parlato soprattutto in termini di degrado e pericolosità. Le inevitabili conseguenze di una piazza sacrificata alla “movida” (risse, piccolo spaccio, sporcizia) vengono combattute con retate anti-droga (con risultati, spesso, ai limiti del ridicolo), presidi fissi di polizia e persino iniziative di privati cittadini, come l’installazione di cancellate chiuse a chiave nelle calli attigue. L’intera superficie del campo è videosorvegliata e, specialmente nei periodi di maggiore afflusso, non è raro imbattersi in reparti anti-sommossa schierati preventivamente. Un ghetto nel quale farsi rinchiudere assieme al proprio desiderio di uscire la sera.

Come al solito, la soluzione proposta è parte del problema che si cerca di risolvere: deportare i locali e i loro avventori nell’unica striscia di terra non ancora urbanizzata, distante dalla città ma comoda in relazione agli spazi disegnati dalla città universitaria. L’idea di un “distretto del divertimento” in Rio della Scomenzera è la perfetta continuità delle politiche di ghettizzazione e allontamento delle eccedenze degli ultimi anni, il naturale proseguimento del progetto del “Campus Santa Marta”, i cui lavori dovrebbero iniziare la prossima estate. Oltre che a un comodo gettone per l’Autorità Portuale, istituzione che, come abbiamo già avuto modo di far notare, agisce per la prima volta in totale accordo con il Comune.

Qui sotto, in foto, l’opera di qualcuno che ci aveva visto lungo.

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The bridges of Gentrification, with(out) graffiti

Parlare di gentrification a Venezia può, molto spesso, essere fuorviante. Più che a un “imborghesimento”, a un’espulsione di abitanti originari ad opera di una nuova classe più abbiente, quello a cui quotidianamente si assiste è la sostituzione di una popolazione (residente o meno) cittadina con una turistica. Un fenomeno molto specifico, che avremo modo di approfondire e analizzare.
In alcuni pezzi di città, tuttavia, il concetto tradizionale di “gentrification” resta ancora valido per capire al meglio la portata dei cambiamenti in corso. La zona di San Basilio e della Stazione Marittima, adiacente al popolare quartiere di Santa Marta, è una di queste.
La vecchia giunta comunale aveva a più riprese manifestato l’intenzione di far arrivare una linea del tram fino a San Basilio, convertendo l’attuale Stazione Marittima in un grande terminal tranviario con servizi annessi. La giunta attuale, per la prima volta in sintonia con la presenza e i progetti dell’Autorità portuale in centro storico, pur accantonando il prolungamento della linea del tram, dichiara, nella persona del Sindaco, di voler spostare in quell’area la “movida” di Santa Margherita, da tempo invisa ai residenti.
Una vita notturna, s’intende, limitata alla fruizione di qualche baretto a prezzi spropositati ma che, a seguito di precise politiche di zonizzazione delle aree cittadine, è diventata in pochi anni prerogativa esclusiva del “Campo”, con le inevitabili coneguenze del caso.
Nell’offerta di quel parco commerciale che è diventato il centro storico veneziano manca proprio un “distretto del divertimento” rivolto a giovani turisti e studenti fuori sede che, per gustare un aperitivo all’ultima moda o ballare al ritmo di musica elettronica, devono oggigiorno recarsi nei locali della terraferma a Mestre e Marghera.
Ma perché proprio a san Basilio, quando in passato tentativi in tal senso sono già stati attuati all’Arsenale o al Tronchetto tramite eventi organizzati ad hoc? L’area in questione è caratterizzata da un basso numero di abitanti, dalla presenza di grosse sedi universitarie dello IUAV e di Ca’ Foscari, dal Porto, da un gran numero di posti auto. Un luogo in grado di garantire una costante presenza di flussi, con la possibilità di aprire nuove attività commerciali in edifici esistenti e in nuove cubature edificabili, senza arrecare troppo disturbo. Una prerogativa pressoché unica in una città già completamente urbanizzata nella sua parte insulare, dove le uniche aree “vuote” meritevoli di riqualificazione sono quelle lasciate dalla dismissione di parte dell’attività portuale.
Curioso che la vocazione al “divertimento” di San Basilio e della Marittima sia stata indirettamente suggerita da momenti di convivialità auto-organizzati. Nel 2008 il movimento studentesco, organizzò le prime feste, autorizzate e non, tra i vecchi docks del Porto, da pochi anni adibiti ad aule dalle università. Da quell’anno trovarono spazio di espressione diversi eventi musicali, anche non prettamente concordati con le autorità competenti: dai concerti delle associazioni universitarie all’approdo “selvaggio” dei tradizionali carretti carnevaleschi che, sfruttando la presenza di vicini eventi ufficiali, non di rado sottraeva pubblico a questi ultimi.
Veniamo ora al primo “ponte” tangibile lanciato alla realizzazione di questo progetto: l’apertura dell’evento collaterale della Biennale d’arte, in programma da maggio a novembre 2015, denominato the Bridges of Graffiti.
Questo evento temporaneo ha trovato spazio all’interno della stazione marittima, nella parte più vicina alle sedi universitaria, ribattezzata per l’occasione Arteterminal. L’ambiente, caratterizzato dalle opere di dieci artisti internazionali (che per l’occasione hanno anche collaborato per creare un murales collettivo), è diventato un vero e proprio locale da aperitivi e dj-set sotto le insegne della prestigiosa esibizione artistica.
Gustosto notare come l’inaugurazione di questo spazio, che dal nome richiama esplicitamente la street art e all’interno del quale si poteva assistere a talks sul writing, abbia coinciso con la pulizia delle innumerevoli scritte e murales che caratterizzavano il muro della Marittima.
Bridges of Graffiti ha solamente avuto la funzione di testare, con un progetto temporaneo e, almeno nella sua fase di insediamento, discreto, la validità di investimenti futuri. Il nuovo campus per studenti di Santa Marta, i cui inizio lavori è previsto per la prossima estate, creerebbe di fatto la domanda di un distretto del divertimento raggiungibile comodamente, meglio se distante dal centro monumentale e turistico.

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