Ci avevano provato.
Due settimane fa, con la notifica di quattro fogli di via a quattro solidali con le proteste dentro Santa Maria Maggiore. Poco dopo, con il trasferimento di diversi detenuti, accusati di essere i “capi della rivolta”, in altre carceri del Veneto.
A uno di questi, “sballato” in pigiama senza nemmeno la possibilità di recuperare i propri effetti personali, è stata fornita come motivazione il fatto che avrebbero sentito sua moglie salutarlo al microfono durante uno dei tanti presidi di sostegno improvvisati.
Ci hanno provato. Notificato un altro inizio di procedimento per foglio di via ad un’altra solidale questa settimana. Facendo telefonate minatorie e invitando le persone a non presentarsi sotto le mura.
Strumentalizzando schifosamente la notizia del tentato suicidio in cella di un ragazzo, che avrebbe aggredito il suo secondino “salvatore”, per lamentarsi ancora della loro misera vita di carcerieri.
Ci hanno provato, ma non ci sono riusciti. La manifestazione di sabato 3 ottobre è stata molto più partecipata del solito, ha espresso solidarietà alle lotte dei detenuti e ai solidali colpiti dai provvedimenti di allontamento.
Nonostante la pressante presenza sbirresca, che ha isolato completamente la zona del carcere e del tribunale, più di un parente e qualche amico dei reclusi si è unito a un presidio sempre più numeroso.
Poco prima della fine la celere è avanzata, cercando a tutti i costi un pretesto per caricare, rimediando qualche insulto (anche da dentro) e una figura patetica.
Più di qualcuno, da dietro le sbarre, ha ringraziato le tante persone accorse riuscendo ad aprire le finestrelle delle celle e sporgendosi per salutare. Un sostegno coraggioso che aiuta a non demordere e a continuare sulla bellissima strada che si è riusciti a tracciare.
Il presidio, dopo un breve corteo per le calli, si è infine spostato in Campo Santa Margherita, dove si è improvvisato un concerto e un volantinaggio informativo.
I detenuti di Santa Maria Maggiore vi ricordano che il carcere è una merda. Già. Ma anche che sotto, e dentro, un carcere si può piangere, di gioia, di tristezza, di commozione, che si può ridere a crepapelle, fare festa, sbeffeggiare insieme una guardia troppo zelante. Ci ricordano che del carcere si può smettere di avere paura.
E non finisce di certo qui.
Qui trovate in allegato il pieghevole distribuito sabato 3 ottobre. Un inizio di riflessione sulla lotta degli ultimi mesi e sulle problematiche del carcere veneziano. DEFINITIVO PIEGHEVOLE