Non si uccide così una città?/ Strada Nova

La velocità con la quale il tessuto urbano di Venezia cambia ha sempre cozzato con il ritmo lento e tortuoso della vita che, nei suoi angoli, si è dispiegata nel corso dei secoli. Negli ultimi anni l’apertura selvaggia di nuovi hotel, bed and breakfast e, in genere, attività commerciali rivolte ai visitatori ha costretto chi abita la città lagunare ad adottare nuove geografie, sempre più marginali e ghettizzanti in rapporto al vecchio centro cittadino. Scorgere l’inizio di questi cambiamenti nelle pieghe della storia può tornare utile per vincere l’alienazione e l’incapacità di interpretare gli eventi propria della nostra epoca, per ri-trovarsi nonostante il museo a cielo aperto che ci circonda.


Strada Nova è, formalmente, il toponimo che designa il tratto di passeggio posto tra Campo Santa Fosca e Campo Santi Apostoli ma, per estensione, viene comunemente usato per chiamare tutta la via che collega quest’ultimo campo (da cui è possibile arrivare al “centro” vero e proprio, Rialto)  alla Stazione Ferroviaria. Indicativo che il termine “Nova” venga tutt’ora utilizzato, a scapito dell’ufficiale denominazione “Vittorio Emanuele”,  per riferirsi a tre interventi urbanistici distinti, avvenuti ormai tra il 1818 e il 1871, di cui avremo poi modo di raccontare. Indicativo almeno quanto il fatto che, ad oggi, la “Nova” resta l’unica “Strada” così  chiamata, e pertanto “degna di questo nome”, tra le innumerevoli calli, calleselle, salizade, liste, fondamente, rive, rii terà che costituiscono l’intricata toponomastica veneziana.

Il primo intervento di “riqualificazione” del sestiere di Cannaregio risale al 1818, con la città sotto dominazione austriaca. Viene interrato il Rio Do Ponti, compreso tra il Ponte delle Guglie e il Campiello dell’Anconeta, per creare una direttrice pedonale a destinazione commerciale tra le due metà di un sestiere economicamente depresso e ancora periferico. Un intervento che condizionerà, inevitabilmente, le scelte urbanistiche dei due secoli successivi.

Sempre sotto gli austriaci, tra il 1841 e il 1846, viene costruito il ponte ferroviario tra Venezia e la terraferma. La città si ritrova proiettata verso occidente, con un “terminal” nuovo di zecca. Nel 1844 è stato infatti interrato il segmento acqueo tra il Ponte delle Guglie e la chiesa di Santa Lucia. L’assetto di Cannaregio ne esce completamente stravolto: da periferia residenziale diventa l’asse privilegiato di collegamente tra il centro e la Stazione dei treni.

Tra il 1866 (annessione del Vento al neonato Regno d’Italia) e il 1871 viene infine spianato l’ultimo tratto di strada tra il ponte dell’Anconeta e Campo Santi Apostoli, a spese di abitazioni povere e considerate fatiscenti. La scelta del progetto dell’architetto Papadopoli scartò l’alternativa a firma Meduna, meno invasiva in termini di abbattimenti, cogliendo in pieno lo spirito dell’epoca: solo pochi anni prima il barone Haussmann aveva iniziato a sventrare il centro di Parigi, costruendo quei monumenti alla contro-insurrezione chiamati boulevards.

Una curiosità: l’intera Strada Nova presenta una larghezza media di 10 metri, più del doppio dell’ampiezza media delle comuni calli, e una sola strettoia, calle dell’Anconeta, mantenuta tale per evitare di abbattere la casa dell’ingegnere capo dei lavori comunali.

L’ edificazione del Ponte Littorio (il collegamento automobilistico affiancato alla linea ferrovia, ora Ponte della Libertà) e di Piazzale Roma (il suo terminal) in pieno periodo fascista non interferisce con il flusso proveniente via rotaia: le direttrici di scorrimento restano di fatto separate fino al 2008, con la costruzione del Ponte della Costituzione ad opera di Santiago Calatrava. Il nuovo “quarto ponte sul Canal Grande” connette il terminal automobilistico con quello ferroviario, unificando i flussi delle due direttrici principali proprio su Strada Nova, stravolgendone completamente l’aspetto e la quotidianità.

154 anni dopo la gentrificazione della città riparte dalla sua stazione dei treni: in meno di sette anni Santa Lucia diviene una galleria commerciale, fruibile da chi arriva a Venezia in macchina o in autobus, le attività della zona acquisiscono una vocazione esclusivamente turistica. Aprono filiali di grandi catene e chiudono i già pochi esercizi riservati ai residenti. Da zona vissuta e vivace ad arteria a grande scorrimento il passo è più repentino che mai.

Ha provocato qualche scalpore la notizia, una settimana fa, della chiusura dello storico negozio di biancheria di Aldo “Mudanda” Vianello, meglio noto per essere il padre dell’improbabile dj e star del grande Fratello Tommy Vee, conseguente all’acquisto del fondo da parte del colosso dell’abbigliamento per teenager spagnolo Double Agent, ai piedi del Ponte delle Guglie. A pochi passi di distanza, il 10 gennaio prossimo, aprirà invece un’altra filiale di Tiger (catena che da poco possiede un punto vendita proprio nella stazione) in luogo del panificio “Rizzo”. Sempre in Rio Terà San Leonardo ha da poco aperto la “Casa dea Corte”, un locale a metà tra un ristorante e un Bed and Breakfast, vicinissimo al recentemente ristrutturato Hotel Filù. Quest’ultimo, un paio di mesi fa, è stato al centro di una non troppo interessante polemica tra consiglieri comunali: la proprietà del Filù risulta essere della consigliera ex Pdl Marta Locatelli, affidata in gestione alla ” Rental in Italy”, società presieduta dal marito della stessa. La Locatelli, da sempre pronta a denunciare l’inesistenza di una politica sulla residenza nel Comune, ha chiesto il cambio di destinazione d’uso, da residenziale a ricettivo, per la parte dell’immobile non ancora diventata albergo e per altri stabili di sua proprietà.

La storia recente di Strada Nova è troppo simile alla storia di altri pezzi di città, perduti nella loro dimensione più intima e vivibile nel corso di un breve periodo di tempo. L’unica “Strada” di Venezia è divenuta definitivamente tale in pochi anni, a più di un secolo e mezzo dalla sua progettazione.

Non dovrebbe stupire quindi che qualcuno, per finire in bellezza una serata, abbia deciso di percorrerla in macchina, una gelida notte di carnevale di quattro anni fa. Manco a dirlo, per l’impavido automobilista, scattò il foglio di via da Venezia.

autocalatrava


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