Daily Archives: 22 Dicembre 2015

Non si uccide così una città?/ Strada Nova

La velocità con la quale il tessuto urbano di Venezia cambia ha sempre cozzato con il ritmo lento e tortuoso della vita che, nei suoi angoli, si è dispiegata nel corso dei secoli. Negli ultimi anni l’apertura selvaggia di nuovi hotel, bed and breakfast e, in genere, attività commerciali rivolte ai visitatori ha costretto chi abita la città lagunare ad adottare nuove geografie, sempre più marginali e ghettizzanti in rapporto al vecchio centro cittadino. Scorgere l’inizio di questi cambiamenti nelle pieghe della storia può tornare utile per vincere l’alienazione e l’incapacità di interpretare gli eventi propria della nostra epoca, per ri-trovarsi nonostante il museo a cielo aperto che ci circonda.


Strada Nova è, formalmente, il toponimo che designa il tratto di passeggio posto tra Campo Santa Fosca e Campo Santi Apostoli ma, per estensione, viene comunemente usato per chiamare tutta la via che collega quest’ultimo campo (da cui è possibile arrivare al “centro” vero e proprio, Rialto)  alla Stazione Ferroviaria. Indicativo che il termine “Nova” venga tutt’ora utilizzato, a scapito dell’ufficiale denominazione “Vittorio Emanuele”,  per riferirsi a tre interventi urbanistici distinti, avvenuti ormai tra il 1818 e il 1871, di cui avremo poi modo di raccontare. Indicativo almeno quanto il fatto che, ad oggi, la “Nova” resta l’unica “Strada” così  chiamata, e pertanto “degna di questo nome”, tra le innumerevoli calli, calleselle, salizade, liste, fondamente, rive, rii terà che costituiscono l’intricata toponomastica veneziana.

Il primo intervento di “riqualificazione” del sestiere di Cannaregio risale al 1818, con la città sotto dominazione austriaca. Viene interrato il Rio Do Ponti, compreso tra il Ponte delle Guglie e il Campiello dell’Anconeta, per creare una direttrice pedonale a destinazione commerciale tra le due metà di un sestiere economicamente depresso e ancora periferico. Un intervento che condizionerà, inevitabilmente, le scelte urbanistiche dei due secoli successivi.

Sempre sotto gli austriaci, tra il 1841 e il 1846, viene costruito il ponte ferroviario tra Venezia e la terraferma. La città si ritrova proiettata verso occidente, con un “terminal” nuovo di zecca. Nel 1844 è stato infatti interrato il segmento acqueo tra il Ponte delle Guglie e la chiesa di Santa Lucia. L’assetto di Cannaregio ne esce completamente stravolto: da periferia residenziale diventa l’asse privilegiato di collegamente tra il centro e la Stazione dei treni.

Tra il 1866 (annessione del Vento al neonato Regno d’Italia) e il 1871 viene infine spianato l’ultimo tratto di strada tra il ponte dell’Anconeta e Campo Santi Apostoli, a spese di abitazioni povere e considerate fatiscenti. La scelta del progetto dell’architetto Papadopoli scartò l’alternativa a firma Meduna, meno invasiva in termini di abbattimenti, cogliendo in pieno lo spirito dell’epoca: solo pochi anni prima il barone Haussmann aveva iniziato a sventrare il centro di Parigi, costruendo quei monumenti alla contro-insurrezione chiamati boulevards.

Una curiosità: l’intera Strada Nova presenta una larghezza media di 10 metri, più del doppio dell’ampiezza media delle comuni calli, e una sola strettoia, calle dell’Anconeta, mantenuta tale per evitare di abbattere la casa dell’ingegnere capo dei lavori comunali.

L’ edificazione del Ponte Littorio (il collegamento automobilistico affiancato alla linea ferrovia, ora Ponte della Libertà) e di Piazzale Roma (il suo terminal) in pieno periodo fascista non interferisce con il flusso proveniente via rotaia: le direttrici di scorrimento restano di fatto separate fino al 2008, con la costruzione del Ponte della Costituzione ad opera di Santiago Calatrava. Il nuovo “quarto ponte sul Canal Grande” connette il terminal automobilistico con quello ferroviario, unificando i flussi delle due direttrici principali proprio su Strada Nova, stravolgendone completamente l’aspetto e la quotidianità.

154 anni dopo la gentrificazione della città riparte dalla sua stazione dei treni: in meno di sette anni Santa Lucia diviene una galleria commerciale, fruibile da chi arriva a Venezia in macchina o in autobus, le attività della zona acquisiscono una vocazione esclusivamente turistica. Aprono filiali di grandi catene e chiudono i già pochi esercizi riservati ai residenti. Da zona vissuta e vivace ad arteria a grande scorrimento il passo è più repentino che mai.

Ha provocato qualche scalpore la notizia, una settimana fa, della chiusura dello storico negozio di biancheria di Aldo “Mudanda” Vianello, meglio noto per essere il padre dell’improbabile dj e star del grande Fratello Tommy Vee, conseguente all’acquisto del fondo da parte del colosso dell’abbigliamento per teenager spagnolo Double Agent, ai piedi del Ponte delle Guglie. A pochi passi di distanza, il 10 gennaio prossimo, aprirà invece un’altra filiale di Tiger (catena che da poco possiede un punto vendita proprio nella stazione) in luogo del panificio “Rizzo”. Sempre in Rio Terà San Leonardo ha da poco aperto la “Casa dea Corte”, un locale a metà tra un ristorante e un Bed and Breakfast, vicinissimo al recentemente ristrutturato Hotel Filù. Quest’ultimo, un paio di mesi fa, è stato al centro di una non troppo interessante polemica tra consiglieri comunali: la proprietà del Filù risulta essere della consigliera ex Pdl Marta Locatelli, affidata in gestione alla ” Rental in Italy”, società presieduta dal marito della stessa. La Locatelli, da sempre pronta a denunciare l’inesistenza di una politica sulla residenza nel Comune, ha chiesto il cambio di destinazione d’uso, da residenziale a ricettivo, per la parte dell’immobile non ancora diventata albergo e per altri stabili di sua proprietà.

La storia recente di Strada Nova è troppo simile alla storia di altri pezzi di città, perduti nella loro dimensione più intima e vivibile nel corso di un breve periodo di tempo. L’unica “Strada” di Venezia è divenuta definitivamente tale in pochi anni, a più di un secolo e mezzo dalla sua progettazione.

Non dovrebbe stupire quindi che qualcuno, per finire in bellezza una serata, abbia deciso di percorrerla in macchina, una gelida notte di carnevale di quattro anni fa. Manco a dirlo, per l’impavido automobilista, scattò il foglio di via da Venezia.

autocalatrava


Corteo selvaggio : riempito di scritte il centro città, banche distrutte, vernice su negozi di lusso e monumenti.

Circa 500 persone hanno preso parte alla manifestazione di sabato sera ma è un piccolo gruppo di circa 50 individui mascherati che si è reso responsabili dei danni stimati in decine di migliaia di euro, secondo le ultime stime.

Un giornale descrive i facinorosi come un “frangia estrema degli anarchici e degli anti-capitalisti animati dal desiderio di lanciare una sfida allo stato”

Gli uffici delle banche sono stati presi di mira insieme al Teatro Grande, la casa dell’ opera e altri negozi compreso uno gestito da un esponente del Movimento dei Cittadini e militante di estrema destra.

Le vetrine di almeno 20 negozi sono state distrutte e su decine di edifici è stata spruzzata vernice.

I manifestanti si sono riuniti in un parco vicino la stazione dei treni è hanno attraversato il centro città fino al Teatro dell’Opera, dove la facciata e le statue sono state sfregiate con la pittura. Gli episodi accadono mentre la zona resta in stato d’allerta da più di una settimana per una possibile minaccia terrorista legata alla jihad.

Il comandante della Polizia difende l’operato delle forze dell’ordine durante la manifestazione .

“Gli agenti sapevano che erano pianificate delle azioni ma non conoscevano precisamente quali fossero le intenzioni del gruppo ” “di fronte a questo tipo di criticità, il lavoro della polizia inizialmente include il monitoraggio della situazione per prevenire possibili reati mettendo in sicurezza luoghi particolarmente sensibili come la zona dello shopping di lusso, palazzi ed edifici istituzionali, comprese le stazioni della polizia”

E intanto le vetrine di molti negozi di lusso e banche sono state distrutte o coperte di scritte con messaggi come “I ricchi sono brutti”, “Fanculo questa società”, “Morte agli sbirri” e simboli comunisti e anarchici.

La facciata del teatro più importante dellla città, il Teatro Grande del 19esimo secolo e le statue poste al suo ingresso sono state macchiate con vernice nera e di altri colori, intervallata da scritte di colore bianco.

Molti resoconti evidenziano la lentezza d’intervento della questura, che è finita nell’occhio del ciclone. “Il danno è considerevole” ammette il portavoce della Polizia cittadina.

Lo scellerato corteo (non autorizzato) è stato lanciato sui social media per protestare contro i tagli al budget che colpiscono diverse realtà artistiche anche cittadine mentre “si sovvenziona il Teatro Grande, luogo di cultura borghese con prezzi fuori dalla portata per la maggior parte della gente”.

La polizia ha bloccato diverse parti della città per cercare di limitare la circolazione della manifestazione senza però effettuare arresti “E’ difficile effettuare arresti nei momenti più concitati. Adesso stiamo investigando per chiarire di chi sono le colpe” spiegano dalla questura, difendendo la scelta di aver evitato lo scontro con gli anarchici.

Domenica mattina, il giorno dopo il corteo, gli abitanti della città apparivano sconcertati dai danni, e molti di loro e si fermavano per fotografare l’inizio dei lavori di pulizia della facciata del Teatro Grande.

Il capo del Ministero per la Sicurezza cittadino, si è dichiarato “furioso e scandalizzato per questo intollerabile atto vandalico” ” Abbiamo a che fare con una banda di teppisti professionisti” e si è augurato che vengano “severamente puniti.

Ginevra 19 dicembre 2015.

mort aux flics