Succede lo scorso 29 luglio. Un caldo pomeriggio d’estate si riempie di urla e forti, fortissimi, rumori metallici. Il carcere di Santa Maria Maggiore, a due passi da Piazzale Roma e dal quartiere di Santa Marta, è teatro di una protesta calda e rumorosa. Si sono già sentite battiture e rumori tra queste mura, ma era da un bel po’ non erano così forti.
Tempo di chiamare gli amici e prendere su un paio di pentole per far casino, si raduna sotto il carcere un presidio improvvisato, tirando anche in mezzo qualche passante. Si urla con i detenuti, si improvvisa una battitura dall’esterno. Le guardie osservano, ben protetti dalle grate, e chiudono il portone d’ingresso. Non dev’essere una bella situazione, per loro.
Un piccolo corteo costeggia la struttura e, giunti in Rio Terà dei Pensieri, è possibile rispondere alle tante voci da dentro. “Non va bene niente” e “Aiutateci” le frasi più sentite. Nel frattempo, con sommo sbigottimento di digos e guardie giunte a monitorare la situazione, vengono usate le griglie di un cantiere per rispondere alla battitura. L’entusiasmo di fuori rilancia la rabbia che si respira dentro: quando sembra sul punto di affievolirsi, il casino riprende dopo aver sentito l’incitamente dei solidali.
La cosa prosegue per un paio d’ore, la poca polizia accorsa si rinchiude dietro il portone del carcere al passaggio di un altro piccolo corteo.
Pare che il tutto sia iniziato dopo che un detenuto, afferrato dai secondini in malo modo, abbia staccato con un morso la falange a uno di questi. Sembra, a leggere i giornali, che la situazione dentro il carcere veneziano sia divenuta da qualche tempo intollerabile: più di dieci aggressioni in due settimane.
Il giorno successivo, con più pentole e un po’ di musica, si ritorna a sentire come stanno i ragazzi. Meno rabbia del giorno prima ma più parole, frasi che scardinano le sbarre e qualche nuovo nome da salutare. In serata qualche fuoco d’artificio illumina la notte: un po’ di festa per chi è recluso, un po’ di salti sulla sedia per chi sorveglia.
Di seguito il testo di un volantino distribuito in quei giorni ai colloqui dei familiari
Venezia 31-07-2015
In questi ultimi giorni i detenuti di Santa Maria Maggiore hanno iniziato una sonora protesta con cori, urla e battiture durante anche ore, facendosi ben udire dalle case vicine e catturando l’attenzione di non pochi passanti e solidali.
Se non sono ben chiare le cause per cui la protesta ha preso piede, con un’intensità e una diffusione che non si vedeva da anni, ci sembra anche superfluo cercarle, come se non bastasse stare chiusi tutto il giorno, tutti i giorni, in celle minuscole e sovraffollate, in una struttura male illuminata e fatiscente, subire pestaggi e angherie di varia natura per decidere di far valere la propria rabbia.
Le uniche notizie uscite a proposito riguardano, manco a dirlo, le “scomode” posizioni dei secondini e del personale amministrativo. Sono articoli di giornale scritti da sindacati di polizia che denunciano una situazione, per loro, allarmante: pare che solo nelle ultime due settimane vi siano stati nove casi di aggressione di detenuti verso i loro carcerieri. L’ultimo in ordine di tempo è addirittura costato una falange, staccata con un morso, a uno di questi.
Non possiamo che gioire di queste notizie, anche se la storia che raccontano davvero è, molto probabilmente, quella di una situazione giunta al limite della sopportazione per molti, dove anche il più cieco gesto di ribellione, con tutte le pesanti ritorsioni che porta verso chi lo compie, è comunque preferibile all’accettazione supina dello stato di cose.
La posizione di Santa Maria Maggiore, uno delle poche carceri italiane rimaste in centro città, rappresenta sicuramente un vantaggio per chi protesta: il forte rumore delle battiture ha resto impossibile per chiunque passasse in quei momenti non sentire le urla dei detenuti, come ad alcuni passanti di fermarsi per comunicare con i ragazzi dentro. Nel tardo pomeriggio di mercoledì le persone ferme a supportare la battitura erano più di una cinquantina. Un sostegno che ha permesso a chi è dentro di continuare con ancora più forza, come hanno testimoniato le tante urla di ringraziamento e le battiture che riprendevano ancora più forti dopo gli incoraggiamenti esterni.
Una presenza che non è mancata nemmeno nel pomeriggio di giovedì, dove con un po’ di musica e un microfono, gli sbeffeggi e gli insulti alle guardie arrivavano da entrambi i lati del muro di cinta.
Nei prossimi giorni la protesta potrebbe affievolirsi o, chissà, se adeguatamente sostenuta all’esterno, magari sfociare in qualcosa di più forte, portare degli effettivi cambiamenti nella vita quotidiana dei reclusi.
Non bisogna mai dimenticare che ogni piccolo vantaggio, ogni oggetto che è possibile tenere con sè in cella, ogni minuto di ogni ora d’aria in carcere è stato a suo tempo ottenuto con proteste e sommosse interne, spesso violentissime per ritorsioni e vendette delle guardie. Ne va dell’umanità che si riesce a conservare, l’unico antidoto reale alla galera.
Nemmeno dobbiamo minimizzare il ruolo di chi, da fuori, può aiutare la protesta: sappiamo bene che un saluto verso le finestre scalda il cuore, spinge a continuare a lottare, come un impropero a un secondino, e la sensazione che nulla possa passare lì dentro sotto silenzio, può portarlo a più miti consigli.
Da parte nostra invitiamo chiunque senta o abbia riportate notizie di ciò che sta accadendo a Santa Maria Maggiore in questi giorni a farle circolare il più possibile, a raccontare cosa è accaduto e a starsene con le orecchie tese.